01/02/17

LA TIGRE BIANCA , LA RAGAZZA E IL GIOVANE INCANTATORE

Manlio Valeri, caporeparto del settore alimentari dell’ipermercato “Acca Corta”, non poteva immaginare che la vita fosse così imprevedibile.
Davanti a lui stava per balzare una poderosa tigre albina siberiana e la sua zampata stava per decapitarlo all’istante.

                      
Non poteva immaginare che un incendio improvviso quanto devastante, aveva fatto crollare un pilastro d’acciaio del vicino circo “Forstner” sulla gabbia della tigre, che era fuggita da un varco creato nelle sbarre dall’urto.
Era scappata affamata e ferita, con una scheggia di ferro nella zampa.
Il collo di Manlio stava per separarsi dal resto del corpo e la sua testa, tra poco spiccata, non sapeva che Shyla, la tigre, era corsa dentro il centro commerciale e poi tra gli scaffali dell’”Acca Corta”, facendo strage di attoniti consumatori.
Manlio aveva sempre saputo farsi obbedire in modo subdolo e talvolta autoritario dai suoi sottoposti perché non era mai stato autorevole e capace di vivere con l’energia naturale che promanava solo da lui.
Manlio sapeva solo essere forte coi deboli e debole coi forti: aveva sempre obbedito come una pecora ai diecimila pastori della sua esistenza perché era sempre stato incapace di comandare a se stesso.
E ora, mentre si pisciava addosso, non riusciva a comprendere che cosa ci facesse una tigre nel suo bel reparto ordinato e pulito.

Giulia Bianchi stava guardando gli attrezzi da giardinaggio, nell’apposito reparto del grande magazzino “Acca Corta”, quando davanti a lei si manifestò la gigantesca tigre bianca siberiana; Shyla s’accucciò davanti a lei chiudendola in un angolo, e osservandola con feroce interesse, cominciò a divorare, sul prato in erba sintetica del reparto, un pezzo di coscia di Manlio Valeri, noto ed efficiente caporeparto dell’ipermercato.
Giulia, terrorizzata, s’appoggiò al muro e prese a piangere, in silenzio.
La tigre annusò immediatamente i feromoni della sua paura e per i grandi felini chi ha paura è, potenzialmente, la prossima preda.
Per fortuna di Giulia, Shyla era intenta a divorare quel pezzo di arto, ma la situazione era ad alto rischio.
All’improvviso dietro la tigre bianca si sentì lo strano suono di un flauto.
Shyla rigirò di scatto, ruggendo, la sua enorme testa e insieme a Giulia vide avanzare lentamente verso di loro un giovane dagli occhi splendenti e furbi.
Quel ragazzo indossava jeans e un giubbotto di pelle nera, e portava un cappello da baseball e degli occhiali da sole.
Il suo nome era Ermes Bucchi -1-, educatore zoofilo e addestratore d’animali.
Smise di suonare il flauto e prese a cantare degli strani versi:
“Dai fossati, qui nella fossa del profeta Daniele il canto odo;
angeli si librano per consolarlo,
avrebbe mai paura il probo?
Leone e leonessa un poco alla volta,
attorno a lui si stringono a raccolta;
sì, i dolci e devoti canti li hanno ammaliati!”

Giulia era atterrita e straniata; si sentiva persa in quell’assurda situazione di pericolo; eppure il canto di quel giovane le portava pace e armonia nel cuore.
Terminato il canto, il giovane riprese a suonare il flauto e si avvicinò , con estrema cautela e lentezza, alla tigre che stava mangiando.
E avvenne il prodigio: mentre rosicchiava l’osso del caporeparto, Shyla appoggiò sulla pancia dell’insolito incantatore di felini la pesante zampa anteriore destra, che Ermes Bucchi, continuando a suonare con una mano, accarezzava affettuosamente. 
Ben presto Ermes notò che un’acuta scheggia di ferro si era conficcata nei suoi polpastrelli, tra gli artigli. 
Accuratamente estrasse la scheggia che la feriva, e sorridendo si tolse dal collo il fazzoletto di seta colorata che indossava e fasciò la terribile zampa insanguinata della belva.
Fatto questo si rivolse a Giulia:
« Esci lentamente da quell’angolo e poi corri a chiamare il 118.
Digli di portare dei fucili spara dardi narcotizzanti e che non c’è nessun motivo per abbattere questo splendido esemplare: è solo spaventata e ferita e privata dalla nascita della sua libertà.
Spiegagli bene che proteggerò la tigre col mio corpo se qualcuno vuole ucciderla.
Vai, e muoviti adagio, senza provare paura.»
Detto questo Ermes riprese a cantare la sua strana canzone, mentre strusciava la sua testa sul collo di Shyla:
“Poiché l’Eterno regna sulla terra, sui mari regna il suo  sguardo;
 i leoni diventeranno agnelli  e indietro fluttuerà l’onda; 
 la lucente spada si irrigidisce nel colpo,   si adempiono fede    e speranza;
 miracoloso è l’amore,  che si svela nel canto.”
Mentre Giulia usciva da quella trappola e ascoltava quel canto di una bellezza inenarrabile, non riuscì a fare meno, mentre gli passava vicino, di osservare lo sguardo in estasi di quel giovane.
Le sue mani accarezzavano il bianco manto della tigre come se fosse un grosso gattone e i suoi occhi socchiusi tramettevano un potente senso di pace e di vittoria incruenta.
Non provava più paura ed era incredula, ma quasi entusiasta, nel percepire in una così atroce creatura domata una manifestazione di amicizia, di riconoscente gioia.
Affascinata, avrebbe voluto restare lì ore a contemplare quella scena, ma poi si riscosse e corse a fare quello che le aveva suggerito il giovane incantatore.
Gli inservienti del circo “Forster” portarono un corridoio di scorrimento e una gabbia, dove Shyla venne condotta senza incidenti da Ermes.
Lì, l’incantatore era uscito dalla gabbia dopo aver accarezzato un’ultima volta la tigre siberiana albina; la tigre venne sedata e preparata per essere portata in un bioparco più grande e più sicuro.
Giulia, non senza fatica e infinite discussioni, era riuscita a convincere le Forze dell’Ordine  a non abbattere la splendida fiera.
Giulia ed Ermes si presentarono e lei gli chiese:
«Oltre a ringraziarti per avermi salvato la vita, volevo chiederti: potresti parlarmi della tua capacità, come fai ad entrare in sintonia con gli animali?»
«Temo che dirò una frase scontata che hai già sentito dire da molti uomini, ma ti assicuro che non è quel tipo di frase.
Dovresti venire a casa mia, per comprendere qualcosa di quel potere. Pratico l'"aretè" degli antichi Greci, la "Virtus" dei padri Romani e il "Festina Lente" degli artisti rinascimentali. Non sono faccende di cui posso parlare qua, su due piedi.»
«Andiamo Ermes, non c’è problema: di te mi fido».
- fine della prima parte -
[1] Il primo racconto che narra l’ambiente e alcune gesta di Ermes Bucchi è “Il gioco del ragazzo più povero”.  
Lo puoi leggere cliccando su questo link:

IL GIOCO DEL RAGAZZO PIU' POVERO
  
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1 commento:


  1. Note dell'autore:
    Pubblicato da Mauro Banfi il Mer, 01/02/2017 - 08:13.
    Le strofe cantate da Ermes Bucchi appartengono a uno straordinario racconto di Goethe, "Novella", uno dei primi racconti di alta qualità della narrativa europea.
    Colgo l'occasione per ringraziare "l'uomo per eccellenza" di Weimar.
    Il tema di flauto proposto dal video autopartente è il leggendario stacco di "Firth of Fifth" dei Genesis, composto e suonato dall'Arcangelo Peter Gabriel.

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