02/10/20

I DECANI: ritornando all'Umanesimo e al Rinascimento mese di Ottobre LA VISIONE NELLA CASA DI GIULIO ROMANO



“Fabbricò Giulio per sé una casa in Mantova dirimpetto a San Barnaba, alla quale
fece di fuori una facciata fantastica tutta lavorata di stucchi coloriti, e dentro la fece tutta dipignere e lavorare similmente di stucchi, accomodandovi molte anticaglie condotte da Roma et avute dal Duca, al quale ne diede molte delle sue.”

Vasari, vita di Giulio Romano



- segno zodiacale e Decani del palazzo Schifanoia di Ferrara: ricostruzione degli emblemi sbiaditi a cura di Maurizio Bonora -




E così,


Figlie e Figli dell'Umanesimo, Signore e Signori della Rinascenza, così fu che ispirato dalla conversazione in sogno con Pico della Mirandola, il filosofo della Rinascenza avvelenato con l'arsenico, arrivo a Mantova, in via Poma al numero 18, presso la casa di Giulio Romano.
Stravagante abitazione degna del principe degli sperimentatori manieristi: il piano terreno è compreso in un basamento solidissimo ma quello soprastante, spezzato da un timpano acuto che movimenta il cornicione-davanzale, è tutto un gioco di ritmi, archi che simulano delle logge, con il suo inimitabile gusto rustico disegnato in ogni dove con maschere grottesche, teste d'ariete e pergole.
Sopra il portone d'ingresso si staglia la statua di Ermes con l'ariete, pezzo antico donatogli dal signore Gonzaga, restaurato dallo stesso Giulio.




Il Dio che ha accompagnato tutto il mio viaggio dialoga con dei faccioni di gesso che sbucano dentro sette archivolti in uno schiamazzo di simboli e metafore riferite alla Rete della comunicazione.



Ermes sovrintende all'eloquenza e alle espressioni artistiche e ogni mascherone dalla bocca o dalle orecchie butta fuori significati e segnature: serpi, altrettante orecchie, api, uccelli, catene, fiori esotici, sorgenti, tortore.




Il portone sormontato dalla statua di Mercurio è leggermente dischiuso e passato l'atrio e il cortile penetro dentro la casa di Giulio.
Una scalinata settecentesca raggiunge l'armonioso salone superiore, dovo mi attende una grandiosa visione, culmine del mio viaggio psichico nei luoghi fisici del Rinascimento.
Proprio come questo nostro mondo è retto e governato da sette pianeti come da sette colonne che prendono tutta la loro luminosità dalla Luce e dai colori e dalle ombre oscure primordiali, che sono Energia & Materia, per poi distribuirli separatamente a beneficio di tutte le cose create, allo stesso modo nella vasta sala si manifesta un meraviglioso Tempio della Pittura supportato da sette colonne.
Sotto ogni colonna, in bassorilievi posti nei piedistalli, sono scolpiti i governatori del Tempio, i sette maestri dell'arte che saranno analoghi alle potenze del cielo.
Quindi sulla superficie delle sette colonne ho visto alcune delle loro opere più famose.
Sopra le colonne sono l'architrave, il fregio e la cornice,
e su di essi sorge la volta, che termina con un rosone ottenuto con sette fori, , da cui si diffondono la luce e lo splendore che illuminano l'intero tempio, il quale è circondato da sette velature di sette colori diversi, che esaltano il radioso splendore della luce che emana dalla lanterna.





Questi governatori, così splendenti con quella luce sublime, sono tutti nati in Italia, Madre sempre fertile in ogni tempo di uomini illustri in tutte le arti, per eterno onore e vanto delle Muse.




La Pittura giaceva estinta e sepolta viva dai tempi dell'imperatore Costantino, fino ai tempi del grande mecenate e signore Lorenzo il Magnifico – e dai suoi successivi seguaci -, quando nacquero questi governatori
che la fecero rinascere più bella di quanto non sia mai stata, sollevandola alla maggior altezza dove si possa mai arrivare, e non solamente per una via sola, ma per diverse e fra sé dissimili, dal momento che le maniere e le sperimentazioni personali dei governatori, sebbene tutte eccellenti in se stesse, tuttavia, non hanno niente o molto poco in comune tra di loro.
E del resto, si sa, l'armonia nascosta è più forte di quella apparente.




La figura del primo governatore è puro argento vivo, mercurio fluente e rappresenta il Parmigianino e la sua “Diana e Atteone” e il suo autoritratto nello specchio da barbiere convesso.
Girolamo Mazzola è l'eterno fanciullo, il Puer Aeternus della Rinascenza e la sua grazia lieve e leggiadra sa dipingere le forme possenti e armoniose della Grande Madre Demetra, ripresa nella sua ricerca dolorosa di Core rapita da Ade.




La statua del secondo governatore è scolpita nel piombo, con cui si viene a mostrare la salda e stabile forza di contemplazione e pratica artistica di Michelangelo Buonarroti di Firenze, insigne pittore, scultore, marmista, architetto e poeta imitatore di Dante.




Sulla sua colonna è inciso uno dei suoi immortali “Prigioni” e dipinta una delle sue terribili ed eterne Sibille della Sistina.
Michelangelo è espressione di Saturno, il terribile dio dell'Introspezione malinconica, in lotta con il tempo per lasciare sulla terra forme eterne.




La statua del terzo governatore è in stagno e rappresenta da Giuseppe Arcimboldo.




Il suo codice immaginativo è quello di Pan e Proteo, e dato dagli enigmi delle sue pitture geroglifiche e reversibili:
"Homo omnis creatura", "Colui che non può attrarre Pan invano si avvicina a Proteo e alla natura".
Chi risolve questi arcani ha trovato se stesso.




La colonna del quarto governatore è fatta di Argento ed è dello stesso Giulio Romano.





Il codice figurativo di questo sublime sperimentatore è quello dei contrasti tra Apollo e Dioniso: nella sua arte convive la bella e la bestia, la Ninfa e il Satiro, Zeus e i giganti ribelli, il grezzo e l'oro, il bello modellato e l'orrido deforme.





Quella del quinto è formata di rame, con il quale si accenna alla gentilezza, alla bellezza pura, alla grazia sovrannaturale e all'amabilità di Raffaello Sanzio d'Urbino, grande pittore e architetto; Raffaello è Eros, la forza dell'entusiasmo creatore e generatore di bellezza erotica sia in cielo che in terra.







Quella del sesto è compattata col ferro a ricordare il carattere e la prudenza astuta di Andrea Mantegna, il primo pittore di Mantova.




Il suo codice pittorico è quello di Ares il forte, di un artista guerriero, tosto e prudente nel contempo, che ha saputo usare, con la durezza del metallo, le forme antiche della Grecia antica e di Roma classica per infilare una spina sotto l'unghia della realtà quotidiana.




La statua del settimo governatore è d'oro per mostrare lo splendore e l'armonia delle luci e delle ombre nelle meravigliose opere di Leonardo da Vinci pittore, scultore e modellista fiorentino, molto esperto in tutte e sette le arti liberali, così eccellente suonatore di liuto che superò tutti i musicisti del suo tempo, un nobile poeta della natura e della vita, autore di numerosi libri di matematica e pittura e di taccuini portatili ricolmi di idee geniali e disegni stupefacenti.





Lui è Hermes, il grande incantatore della mente.




E nel contemplare questa sublime visione, il mio viaggio si ferma e posso finalmente riposare, nella quiete del grandioso salone e nel suo silenzio pieno d'immaginazione.

Luoghi fisici visitati lungo il viaggio psichico nel Rinascimento:


1) Mont Ventoux, Provenza.
2) Studiolo di casa Francesco Petrarca, Arquà Petrarca.
3) Monumento funebre di Andrea Alciato, cortile della Volta dell'Università di Pavia.
4) Palazzo Falconieri, Roma.
5) Galleria degli Uffizi, Firenze.
6) Sagrestia nuova presso la basilica di San Lorenzo, Firenze.
7) Musei Vaticani, Roma.
8) Casale di Santa Maria Nuova, via Appia, Roma.
9) Museo cittadino, Lille.
10) Biblioteca reale, Castello di Windsor.
11) Mercato grande di San Lorenzo, Firenze.
12) Galleria degli Uffizi, Firenze.
13) Borgo Sansepolcro (Arezzo), Museo Civico.
14) Londra, British Museum.
15) Londra, National Gallery.
16) Cremona, Museo Civico "Ala Ponzone".
17) Parma, basilica di Santa Maria della Steccata.
18) Mantova, Palazzo Tè: camera di Eros e Psiche di Giulio Romano
 19) Roma, Castel Sant'Angelo: Perin del Vaga: la Serva racconta a Carite la fiaba di Eros e Psiche;
20)  Loggia di Eros e Psiche situata nella Villa Farnesina di Roma:
Il banchetto degli Dei, Raffaello Sanzio e aiutanti;
21) Museo Archeologico di Napoli: Venere Callipigia, scultura marmorea di epoca romana;
22) Londra, National Gallery: Il castello incantato, paesaggio con Psiche fuori dal Palazzo di Eros, di Claude Lorrain
23) Firenze, Galleria degli Uffizi: Amore e Psiche di Giuseppe Maria Crespi
24) Firenze, Basilica di San Marco
25) Mantova, Casa di Giulio Romano




 

13/09/20

I DECANI: ritornando all'Umanesimo e al Rinascimento Mese di Settembre: PAN & PROTEO

                                                               
                                                                                        PAN & PROTEO

                                                            


                      - simbolo zodiacale e affreschi di Ercole de' Roberti, palazzo schifanoia di Ferrara -


Figle e figli dell'Umanesimo, Signore e Signori del Rinascimento, sono a Firenze, dove questo viaggio psichico nei luoghi fisici della Rinascenza è cominciato.
Mi trovo nel chiostro della chiesa di San Marco a Firenze, davanti alla vetusta lapide della tomba in comune dei grandi Pico della Mirandola e Girolamo Benivieni, scritta in latino, che dice: 

 

                        



"Qui giace Giovanni Mirandola, il resto lo sanno il Tago, il Gange e forse perfino gli Antipodi. Morì nel 1494, visse 32 anni."

"Girolamo Benivieni, affinchè dopo la morte la separazione di luoghi non disgiunga le ossa di coloro i cui animi in vita congiunse Amore, dispose d’essere sepolto nella terra qui sotto. Morì nel 1542, visse 89 anni e 6 mesi."

Siedo davanti alle ossa avvelenate con l'arsenico dello splendido filosofo rinascimentale Pico, che si fanno compagnia con quelle del suo fervente ammiratore Girolamo, infiammato da lui con il rovente "amore platonico", quello del sapere e della conoscenza.
Perchè ti hanno eliminato, eccelso Pico?
Per me perchè hai scritto le "Disputationes adversus astrologiam divinatricem", dove ti scagli senza mezzi termini contro l’astrologia, dottrina ambigua, imbevuta di superstizione, occultismo e vecchi residui animistici mal compresi e digeriti.
Quella tua ultima opera conclusiva venne interpretata come un pericolo mortale da parte di chi, come le potenti famiglie aristocratiche e borghesi, non solo fiorentine ma di ogni signoria e potentato, faceva dell’astrologia una pratica di potere, autorità e considerazione sociopolitica.
La magia occulta e l'esoterismo stavano diventando le nuove pratiche di manipolazione delle masse da parte del potere politic, operata da una nuova casta di clero "laico", che ripudiava l'antica teologia cattolica medievale per un nuovo tipo di dominazione mentale di stampo pseudo gnostico.
Memorabile, Pico, la tua lettera del febbraio 1494 a Marsilio Ficino, collegato alle potenti famiglie dei Medici e dei Rucellai, in cui lo inviti a smetterla con l'esoterismo d'accatto e l'occultismo dozzinale:

"Non resterò il complice passivo delle tue deviazioni e dei tuoi crimini, Marsilio.
Li impedirò denunciandoli.
Ho sufficientemente studiato i misteri caldei ed egizi e decifrato abbastanza bene la Cabala per comprendere che il nostro mondo di quaggiù è collegato all’universo. L’uomo è una riduzione, un atomo nel cosmo, Eraclito ha detto tutto.
Lo riconosco, dobbiamo reimmergerci nella musica della Natura, ma per elevarci e non per umiliarci. Io e Poliziano ti abbiamo già salvato una volta, quando volevi impedire l’invecchiamento dei "sacerdoti di Minerva" facendo bere loro il latte delle giovani madri o il sangue delle vergini. Barbarie! E adesso ecco che fabbrichi talismani! Mi confessi di avere martellato quello di Saturno sul piombo, la notte di sabato con l’onice. Hai inciso la stella a sei raggi e l’hai consacrata su allume, scamonea e zolfo brucianti su legno di cipresso. Conservo la tabella che mi hai dato, prova di questi esperimenti grotteschi. Passi che tu te ne serva a uso personale, se le tue debolezze potessero svanire grazie a queste colossali baggianate. Ciò che conta, hai aggiunto, e per poco non ridevo, non è quello che si incide, ma il martellamento dell’incisione. Ma il tuo progetto di modificare il mondo distribuendo ai potenti a loro insaputa queste medaglie è infame. E' questa magia, questa stregoneria che ha denunciato sant’Agostino al quale osi riferirti.
Marsilio, sei preda del male, del demonio. Ritorna alla ragione. Ritorna a Platone. La conoscenza è fatta per elevarci, mai per interferire nella vita o nella libertà altrui. Ridiventa degno, Marsilio Ficino. Ho informato Poliziano delle nostre discussioni. E' d’accordo con me. Una volta siamo stati i tuoi avvocati, domani, se non ti riprendi, saremo i tuoi procuratori…"

 

                                                                          


Morale della storia, tu e Poliziano siete stati fatti fuori con l'arsenico.
La rilassante oscurità del chiostro di San Marco mi conciliò un bel pisolino - unitamente alle esaltanti ma sfibranti ore di cammino in cerca di immagini rinascimentali per la grandiosa Firenze, centro e fonte della Rinascenza - e in sogno mi sentii chiamare da una voce:
"Dimmi, visitatore, sono Giovanni Pico, che cosa vuoi sapere da me?"
"Solo una cosa, sublime Pico, che cos'è il Rinascimento?"
"Colui che non può attrarre Pan invano si avvicina a Proteo e alla natura, viandante.

 

03/08/20

I DECANI: ritornando all'Umanesimo e al Rinascimento Mese di Agosto: Eros e Psiche, il mito della Rinascenza

   Come Eros separato da Psiche si brutalizza in una sessualità volgare fatta solo d'istinti e possessi materiali, così Psiche separata da Eros è la capacità di riflessione razionale sterilizzata dall'assenza di una fonte energetica creativa.

                                                                                            

                    

             - simbolo zodiacale e affreschi di Cosmè Tura e del maestro d'Ercole, Palazzo Schifanoia di Ferrara -
                                                                         


Il mito per eccellenza del Rinascimento è quello di Eros e Psiche.
Rappresentato nel ciclo di dipinti di Raffaello (e aiuti) nella Loggia della Farnesina, voluta dal ricco banchiere Agostino Chigi, negli affreschi di Giulio Romano - aiuto di Raffaello nella Farnesina - a Palazzo Te a Mantova, nel delicato fregio di Perin del Vaga a Castel Sant’Angelo richiesto da papa Paolo III, fino a quei capolavori eccelsi che sono le sculture canoviane dedicate al mito di Psiche, la favola, che occupa gran parte del libro di Apuleio, narra la storia della giovane Psiche, che per la sua straordinaria bellezza scatena la terribile gelosia di Venere, la quale, inconsapevolmente provoca l’innamoramento tra Psiche ed Eros.
Superate le terribili prove richieste dalla dea, Psiche giunge all’Olimpo, dove convola a nozze con Amore.
Psiche in greco vuol dire anima, soffio, respiro vitale, simboleggiato dalle delicate ali della farfalla, e quindi la storia di Psiche è anche la storia dell’anima umana che deve affrontare terribili traversie per raggiungere la sfera divina della Bellezza unita alla Gioia.
Oggigiorno l’Immaginazione creatrice delle persone è quasi morta, uccisa dalla tecnica e dal consumismo, e che fanno di solito le persone quando la loro immaginazione si è esaurita e langue moribonda?    
S’innamorano, s’affascinano di qualcuno o di qualche idea allo scopo di risvegliare le loro vite spente con l’immaginazione.     
E non sanno mai del tutto chi sia veramente quell’altra persona che li attrae, e per questo spesso si mettono in pericolo e diventano schiave e si ficcano nei guai, - per questo si dice che l’Amore è cieco - ma l’importante è mettersi al servizio di due possenti divinità, Afrodite/Venere ed Eros/Amore, in modo di riconquistare quell’immaginazione vitale e tornare a esistere veramente e non a sopravvivere stancamente.
Come Eros separato da Psiche si brutalizza in una sessualità volgare fatta solo d'istinti e possessi materiali, così Psiche separata da Eros è la capacità di riflessione razionale sterilizzata dall'assenza di una fonte energetica creativa.
Eros senza Psiche diventa alla lunga un triste meccanismo fatto solo di possesso, routine e istinto cieco e sordo, e Psiche senza Eros diventa solo cerebralità egotica sterile e senza creatività e ormonalità psichica.      
Questo ci ha insegnato la Rinascenza: lascia andare, e anche le tegole dei tetti e i sassi delle strade emettono luce; tieni stretto, possiedi, incatena e anche l’oro vero perde il suo colore e diventa piombo.
                                                     
                                                       

                                                                                            















                                                                    I

                                           LA BELLEZZA DI PSICHE
                                                                
























C'erano una volta un re e una regina che avevano tre figlie.
Le due più grandi avevano un aspetto gradevole, ma Psiche, la terza figlia più piccola, invece, era così incredibilmente bella da non poter essere descritta con parole umane. Molti cittadini del Regno, infatti, e molti stranieri, avendo sentito parlare della sua eccezionale bellezza, accorrevano in gran numero soltanto per ammirarla, e a vederla restavano attoniti e le lanciavano baci.
Tutta quest'ammirazione, però, dette molto fastidio a Venere: Lei era la Dea della Bellezza e dell’Amore, e pertanto qualsiasi altra pretendente al titolo, per di più di razza mortale, cioè inferiore, andava eliminata immediatamente.


                               

                                                                                  - Afrodite/Venere -
                                            

03/07/20

I DECANI: Ritornando All'Umanesimo e al Rinascimento: mese di Luglio: HOMO OMNIS CREATURA, Giuseppe Arcimboldo

Homo Omnis Creatura, «l’uomo è la creatura del tutto».


                                  - segno zodiacale e Decani del Palazzo Schifanoia di Ferrara:
                                          attribuito ad anonimi collaboratori di Cosmè Tura. -

Figlie e Figli dell'Umanesimo, Signore e Signori del Rinascimento, sono al Museo Civico “Ala Ponzone”, davanti alla famosa “testa rovesciabile”, il dipinto “L'ortolano” di Giuseppe Arcimboldo.
La sola faccia reversibile del grande artista milanese che è rimasta in Italia.



Con Arcimboldo e altri maestri di pittura e architettura come Giulio Romano e Girolamo Mazzola detto il Parmigianino, il Rinascimento si distacca profondamente dall'Umanesimo: l’uomo non è più il centro razionale dell’universo, ma è ridotto a cosa, comparsa, periferia; o viceversa, forse è l’ultima esaltazione possibile dell’uomo, sintesi di ogni oggetto creato dalla natura.
Per guidarci nella sua pittura misteriosa Arcimboldo ci ha lasciato tante immagini e una sola frase, che parrebbe programmatica: Homo Omnis Creatura, «l’uomo è la creatura del tutto». Nessun Dio cristiano, nessun demiurgo di genere deista, nessun creatore che si oppone alla sua creatura, nessun rimando alla Bibbia, ma una proposta filosofica panteista che si fa pittura.




Nel primo Rinascimento il volto era lo specchio dell'anima, principio realizzato precisamente da Leonardo da Vinci nella sua ritrattistica.
Arcimboldo sottoscrive, e come Leonardo evita di opporre l’interiorità di un’anima bella, immateriale e immortale, porzione di divinità in noi, a un corpo brutto e materiale, corruttibile e mortale.
Il mondo non si contrappone a un creatore da lui separato, ma è creatore e creatura lui stesso: la verità del mondo non si trova tanto nei libri (cristiani o umanisti) che raccontano il mondo quanto nel mondo stesso. E se tale mondo rivela una divinità, questa è, allo stesso tempo, l’altro nome della natura e la forza che lo rende possibile.
I quadri reversibili sono dipinti fatti per essere visti prima da un lato, e poi ribaltati sottosopra: così, un piatto d’arrosto rigirato si trasforma nella testa di un cuoco, e una ciotola di verdura nella testa di un ortolano.
Lette in un senso, le sue tele esprimono una cosa; rovesciate sottosopra, ne raccontano un’altra. La tecnica espressiva del rovesciamento realizza ciò che in seguito verrà chiamato «prospettivismo». In base al punto di vista da cui lo si guarda, il reale racconta cose diverse.




È quello che succede con "Il cuoco" e con "L'ortolano": il capocuoco viene raffigurato da un piatto di pietanze e il responsabile dell’orto e del frutteto con delle verdure. Il primo, composto da pezzi di carne arrostiti disposti su un piatto, doveva assomigliare a una persona rustica dai tratti forti e dalla faccia patibolare; il secondo, fatto di cardi, radici, cipolle, castagne e noci, un personaggio paffuto e bon viveur. Una volta rovesciata l’opera, il piatto su cui giacciono i maialini, i volatili e le altre porzioni di carne diventa la falda del cappello del cuoco. Stessa cosa con il giardiniere: la ciotola nella quale sono disposte le verdure diventa un copricapo, con la grossa cipolla a rappresentare la guancia, la tozza rapa bianca il naso e i porri la barba folta.




Al di là della pittura, Arcimboldo compie a suo modo nelle tele il passaggio dall'universo infinito al mondo naturale. Niente più sommità celesti contrapposte ad abissi infernali, niente più cielo delle idee platoniche lassù e terra affollata da dannati pagani e materialisti quaggiù, ma un mondo privo di circonferenza che trova il suo centro in ogni suo punto. Il cuoco vale ontologicamente quanto il maiale che cucina, così come il giardiniere è la patata che coltiva: stessi atomi, stesse particelle e stessa materia – questione di punti di vista. Un giorno, volatile arrosto, un altro, responsabile dei pasti imperiali; una volta, grossa cipolla da giardino, un’altra, guancia di giardiniere.
Il mistero non risiede nella vita dopo la morte, ma nella vita prima della morte. Il paradiso non è in cielo, ma in terra – basta saper osservare.


02/06/20

I DECANI: Ritornando all'Umanesimo e al Rinascimento Mese di Giugno: VIRTUTI S.A.I - VIRTUTI SEMPER ADVERSATUR IGNORANTIA- VIRTUS COMBUSTA/ VIRTUS DESERTA


                                                                            
 
                                                                 
- segno zodiacale e affreschi di Ercole de Roberti "maestro d'Ercole", Palazzo Schifanoia di Ferrara -

La questione del libero arbitrio e della predestinazione animò il dibattito teologico – ed esistenziale - della seconda metà del XIII secolo. Tale riflessione, decisiva per qualità e importanza per la successiva Rinascenza, oppose i seguaci di Tommaso D’Aquino, che privilegiavano la libertà dell'uomo, ai lettori e agli ammiratori di Agostino d'Ippona, che invece credevano in una forma di predestinazione provvidenziale divina.  
Lungi dall'essere circoscritta alla sola controversia teologica, durante il XV e il XVI secolo, la fiducia in se stesso dell'uomo rinascimentale e il suo precipuo interesse per le azioni controllate dalla volontà umana, s’innestò nella medievale visione teocratica della realtà, scardinandola: gli eventi e le decisioni umane cessarono di essere frutto della Divina Provvidenza o del determinismo astrologico; la nozione di libertà di scelta e di azione penetrò profondamente nella percezione dell'uomo e del mondo e diede forma agli ideali di etica civile, praticità, individualismo, competitività esaltazione della vita attiva, propri della società artigiana e mercantile che costituiva la crescente società umanistica e rinascimentale. Questa nuova visione del mondo generò una grande euforia per la sensazione di libertà, e un immenso entusiasmo per le imprese.
Sorse un ideale sconosciuto fino a quel momento: l'ideale incarnato da quegli uomini che Machiavelli definì "nuovi"; persone il cui ruolo nella società non era marcato in modo indelebile dalla nascita o dal peccato originale (che necessita della grazia divina per essere rimesso), ma che erano responsabili del proprio destino e che grazie alle proprie capacità e azioni potevano migliorare il proprio stato, in consonanza con le loro virtù.
Che il Decano porti la sintesi fondamentale del "Principe" di Niccolò Machiavelli:



“Tuttavia, affinché il nostro libero arbitrio non sia completamente annullato, penso che possa esser vero che la fortuna sia arbitra della metà delle nostre azioni e che lasci governare a noi l’altra metà, o quasi. E paragono la fortuna ad uno di quei fiumi rovinosi, che, quando si ingrossano e rompono gli argini, allagano la pianura, sradicano gli alberi e distruggono gli edifici, levano da questa parte il terreno e lo pongono dall’altra. Ciascuno fugge davanti ad essi, ognuno cede al loro impeto, senza potervi in alcun modo resistere. E, benché quei fiumi siano fatti così, per natura violenti, nulla impedisce che gli uomini, quando i tempi sono tranquilli, possano prendere provvedimenti con ripari e con argini, in modo che essi, quando crescono, sfoghino la furia delle loro acque per un canale o comunque fare in modo che il loro impeto non sia così dannoso e così violento.   
In modo simile succede alla fortuna, la quale dimostra la sua potenza dove non c’è alcuna virtù impegnata consapevolmente a resisterle; e rivolge il suo impeto proprio lì dove essa sa che non sono stati costruiti gli argini ed i ripari per contenerla. E, se prendete in considerazione l’Italia, vedrete che essa è una campagna senza argini e senz’alcun riparo; perché, se essa fosse difesa da un’adeguata virtù , come la Germania, la Spagna e la Francia, questa piena non avrebbe provocato i grandi mutamenti che ci sono stati oppure non sarebbe nemmeno avvenuta. E voglio che basti aver detto questo per quanto riguarda la possibilità di opporsi alla fortuna in generale.”    

Nel XV secolo Giannozzo Manetti contribuì a fissare le basi teoriche di questo cambio epocale. A cavallo tra il 1452 e il 1453, infatti, compose il “De dignitate et excellentia hominis libri IV”, in risposta a uno scritto di carattere conservatore, il "De miseria humanae", opera di papa Innocenzo III”. In esso Manetti tracciò un’ immagine ottimista dell'uomo, con la quale pretendeva di riscattare la sua piena dignità. Secondo l'umanista fiorentino la grandezza dell'uomo risiedeva nell'attività creatrice che egli rivestiva nella costruzione della città terrena.
La lezione di Manetti fu seguita da Giovanni Pico della Mirandola che, nel 1486, scrisse l'”Oratio de hominis dignitate”, considerato il manifesto del Rinascimento, un testo in difesa della dignità e della libertà dell'essere umano, fondate sul e rette dal libero arbitrio. Il Discorso si apriva con una favola in cui Dio, secondo una reinterpretazione del Timeo di Platone, una volta creati tutti gli esseri seguendo gli archetipi contemplabili nel mondo celeste, indugiava perplesso: non restavano archetipi per plasmare una nuova creatura, né tesori da donare a un nuovo figlio, né un luogo dove questi potesse ammirare l’universo; tutti erano già occupati, tutti erano già stati distribuiti. Prima che comparisse l'uomo, il mondo era pieno, la natura finita e nulla le mancava: le leggi naturali erano state predisposte, gli astri giravano nelle loro orbite e ogni cosa obbediva alla sua propria natura. Decise quindi l'ottimo artefice che all'uomo, a "cui non poteva dare nulla di proprio, fosse comune tutto quanto era proprio dei singoli". Prese l'uomo, creatura di immagine indefinita, e postolo nel centro del mondo così gli parlò:



“Non ti abbiamo dato, o Adamo, né una sede determinata, né aspetto peculiare, né alcuna funzione speciale, affinché tu possa ottenere e possedere secondo il tuo desiderio e consiglio quella sede, quell’aspetto, quella funzione che ti sarai scelto. La natura definita degli altri è costretta entro leggi da noi prescritte. Tu, non costretto da alcuna angustia, la definirai secondo il tuo arbitrio, cui ti ho affidato. Ti ho posto nel mezzo del mondo, perché di là potessi, guardandoti intorno, scorgere meglio tutto ciò che è nel mondo. Non ti abbiamo fatto né celeste né terreno, né mortale né immortale, affinché tu possa tranquillamente darti la forma che vuoi, come libero e sovrano scultore e artefice di te stesso. Potrai degenerare negli esseri inferiori, i bruti; potrai rigenerarti, se lo vorrai, nello cose superiori, divine“.
([PICO DELLA MIRANDOLA 1496, c.132r.Traduzione di Pier Cesare Bori).
Pico della Mirandola affermava, in sostanza, che Dio aveva assegnato all'uomo una natura finita ma indeterminata, in quanto in lui aveva riposto "semi d'ogni specie e germi d'ogni vita": sia la natura bestiale mossa da pulsioni istintive, sia l'intelligenza angelica illuminata dalla ragione. L'uomo forgiava il proprio destino secondo la propria volontà e la sua libertà era massima, poiché non era né animale né angelo, ma poteva essere l'uno o l'altro dipendendo "dai semi" che in lui decideva di coltivare: "O somma liberalità di Dio padre, o somma e mirabile felicità dell’uomo cui è dato di avere quanto desidera, di essere ciò che vuole!".
La facoltà di scegliere cosa divenire faceva dell'uomo la più dignitosa e la più felice fra tutte le creature, anche più degli angeli; grazie a questa prerogativa l'uomo poteva trascendere il mondo naturale (ovvero della necessità), oggetto di contemplazione, e avvicinarsi al regno divino (ovvero della libertà), fatto di possibilità; la trascendenza di cui tratta Pico della Mirandola non era rivolta a un mondo soprannaturale distinto dal creato, ma era terrena e consisteva nella capacità dell'uomo di scegliere e trasformare.
Tale mirabile filosofia rinascimentale è sintetizzata nel sublime quadro dei fratelli Pollaiolo, il "Martirio di San Sebastiano", culmine iconografico della Rinascenza:



30/04/20

I DECANI: Ritornando all'Umanesimo e al Rinascimento Mese di Maggio: DENTRO LE PRIMAVERE

                                                                               
"La vera trasformazione, che avviene in noi per mezzo del fuoco dell'amore, muta l'amante in amato."

Poso il "De Harmonia Mundi" di Francesco Zorzi sul comodino e sento che sto prendendo sonno.
Morfeo sta per baciarmi sulle palpebre.
Amor trasformat amantem in amatum, ritornare al Rinascimento, alla primavera dell'Anima del Mondo...vengono i Decani di Maggio e trasmutano il mio corpo in pigmenti psichici che diventano affreschi e dipinti...


                                                           
                                           
  - segno zodiacale e dipinti di Francesco del Cossa, Palazzo Schifanoia di Ferrara -
- Il disegno del Puer che si specchia, in cima al testo, è di Antonio Calzone, per gli amici "Big Tony".



                                              
                    



E’ notte fonda.
Dormo o sogno ad occhi aperti, non lo so…
Sono in uno splendido giardino: vedo intorno a me piante cariche di frutti dorati e arancioni - arance e limoni, o i pomi delle Esperidi ? -.
Quand’ecco sorgere dalle profondità della Notte, dal Dio qualunque e nascosto in ogni cosa, un possente vento di primavera; Zefiro è il suo nome e il suo diffondersi è travolgente, dirompente come la furibonda tempesta che scoppia sopra la mia testa.
Lo vedo, tra lo stormire selvaggio delle fronde degli alberi, gettarsi all’inseguimento, come una scattante e insaziabile pantera nera, di una giovane ragazza: la ninfa Cloris.
La prende per i capelli e la sbatte in terra; le alza le vesti e la possiede brutalmente, in un turbinio di petali strappati e foglie sradicate da rami divelti.
Sono impotente. Non posso far nulla per aiutarla.


                                                                          

























Ora la bufera si è placata.
Le saette non incendiano più il cielo, e la pioggia burrascosa si è arrestata.
Uno squarcio d’azzurro rasserena e illumina la scena.
Cloris si rialza da terra, dove è stata crudelmente stuprata da Zefiro.
Eppure il volto trasmette equilibrio e calma.
Com’è possibile?
Forse, perché accanto a lei è apparsa una matura Signora, col capo reclinato sulla
spalla, che sembra riflettere sui suoi pensieri.
Con un cenno della mano sembra invitare alla pazienza e alla moderazione.


                                                                           

























Si tratta della sua benevola soccorritrice?
E’ lei che l’ha rivestita con una lunga e morbida veste e ha adornato i suoi capelli con una coroncina di fiori profumati?
E quanto tempo è passato, se nell’esperienza in cui mi trovo, questo potere ha ancora un valore?
Perché, a ben guardare, la ninfa di una volta è ora una ragazza adulta, e se non vedo male, il suo grembo è fecondo.
Capisco che aspetta un figlio dall’animalesco Zefiro.
Sento che ha cambiato nome, forse per dimenticare quel traumatico episodio di ratto e violenza.


                                                   


Questa giovane ben sviluppata, è ora Flora.
Vedo anche che l’avveduta consulente, che l’ha risollevata da terra, è Venere, dea dell’Amore.
Come ha potuto trasformare la Cloris violentata, nella florida – scusate il gioco di parole- Flora?
Le ha parlato, l’ha aiutata a riflettere sull’accaduto; a superarlo senza lasciarsi abbattere dalla disperazione.
Il dipinto in cui mi trovo, condensa o annulla magicamente lo scorrere delle ore. Chissà quanto ci sarà voluto!
Come una mamma con la figlia, o una sorella maggiore con la minore, Venere aiuta Flora trasformare quel brutto evento del passato da piombo in luce, da fango in oro non volgare.
Cosa si sono dette le due donne, per determinare una simile evidente metamorfosi?
Quale segreta sapienza ha infuso Venere nell’anima della ragazza sedotta e brutalizzata dal prepotente vento della passione?


                                             

Sopra il capo della dea compare il Demone Eros con gli occhi bendati, armato d’arco e con l’ardente freccia del desiderio incoccata, e davanti a lei si manifestano tre eleganti danzatrici: sono le Grazie.

                                               

Eros punta il suo fiammante dardo verso la ballerina di mezzo, Castità.
Anche Venere guarda nella sua direzione.
Comprendo allora che Castità è un’altra mutazione di Flora.
Dopo lo stupro, Flora, mentre narrava l’accaduto alla confidente Venere, sentiva nascere dentro di sé delle emozioni contrastanti e ambigue.
Durante il ratto a fine di libidine, aveva provato del fascino, - orribile a dirsi, del piacere!-, insieme al senso di schifo e di vergogna.
Un desiderio che era un misto di sottomissione a un destino, a una via che era un pò imposta e un pò scelta: difficile da spiegare razionalmente, una costrizione che era vita e morte nello stesso tempo.
Non riusciva a sopportare quest’ambivalenza dentro di lei, perché le portava confusione cronica e dolente tormento interiore.
Così Venere la aiutò a capire:
- Chi ti ha posseduto non era un uomo ma Eros, il potente Demone della passione.
Devi cominciare a capire che si è presentato a te nella sua forma più cruda e materiale; ha indossato la maschera più rozza e ti ha ferito, ti ha fatto del male.
Ora devi distogliere la mente da quell’aspetto miserabile e riguadagnare la serenità interiore, la tua Diana, la Castità dell’Anima e nell’Anima, dove nessuno può irrompere e che nessuno può forzare con la violenza.
Se non vuoi avere paura del Demone Eros, devi capire che è formato da varie dimensioni d’esistenza.
La sua sconvolgente energia è il motore dell’Universo.
Lo vedi svolazzare sopra di me?
Eros è bendato perché vede con l’anima, con il cuore che non trema-
Se vuoi vivere pienamente, diffida della Ragione, del tuo piccolo io.
La Ragione sragiona; certo chiarifica e pianifica, è una buona serva, ma anche una pessima padrona: riduce, restringe, rende arido tutto quello che tocca.
Adesso, per la ragione, tu hai subito un atto irreparabile che richiede una pronta e feroce vendetta.
Lo vedi com’è gretta e piccina, risentita?
Hai già tanto sofferto quella volta e la meschina razionalità vuole farti soffrire anche per il resto della vita!
Non ascoltarla, lasciala correre.
Ora tu imparerai a danzare con le mie due ancelle danzatrici, Gioia e Bellezza.
Lascia la ragione da sola, ai suoi risentimenti, pieni di rimuginazioni astratte sul giusto e sul torto.
Ascoltami bene: il problema del piacere, non sta tanto nel dare o provare diletto e godimento; ma quello d’essere effimero, transitorio.
Non devi guardarti dai piaceri di Eros, non devi reprimere i tuoi naturali desideri di donna.
Devi solo evitare la caducità, la mediocrità, la banalità che trasforma i tuoi sentimenti spontanei in oggetti senz’anima da rivendere al mercato.
Farai in modo di vivere il tuo amore per la vita con un’emozione di Gioia e di Bellezza, grande, intensa e spumeggiante.
Infatti, senza quest’affetto, senza un forte interesse, senza un rapimento vivificante, si rimane dipendenti e schiavi del finito e del materiale, e non si può entrare nella sacra profondità del Senza Tempo.
Ballando, avrai dietro di te il trepidare della Bellezza, e guarderai negli occhi, in fronte a te, la delizia della Gioia, oltre la quale terrai sempre d’occhio Ermes, il Signore che conduce al Senza Tempo.
Ormai avrai capito che:
il desiderio senza gioia e bellezza, è solo brutalità, insulsaggine, mancanza di rispetto, pornografia.
La bellezza senza passione è priva d’entusiasmo, d’intensità vitale; è gelido ascetismo, arida astrazione mentale, morte vivente.
Per arrivare all’Estasi, alla comunione con il Senza Tempo, non puoi sacrificare o soffocare la sana gioia dei tuoi appetiti animali, per colpa di un qualche sciagurato e occasionale incidente di percorso.
Diffida quindi, ti ripeto della Ragione.
E diffida anche dell'Anima, se vuole essere una pessima tiranna e non una buona serva, come dev'essere.
Tutte le volte che cerchiamo di penetrare nel Senza Tempo, con i concetti precisi della mente, l’anima si rimpicciolisce; mentre, se cerchiamo di entrarci con l’impulsiva cecità di Eros ben diretto da un cuore che non trema, con l’immediatezza delle nostre emozioni imbrigliate dall'emozione di un qualcosa di più profondo e grande del nostro Io, la nostra anima si espande nel Senza Tempo.
Questo il discorso di Venere, Signora della Bellezza e della gentilezza.


                                                 

                                                     

Vedo poi Ermes, la guida delle anime, il conduttore delle Grazie.
Indossa una tunica arancione, tutta trapunta di fiaccole rovesciate.
In un lampo, vola con i suoi sandali alati da Flora, le prende per mano, e la trasporta fuori del quadro, su tra le nuvole, con leggiadria indicibile.
- Vedi - così parla il dio - al momento opportuno, bisogna sapersi distaccare dalla bruta materia, per poi, in un altro attimo adatto, saper rientrare nel mondo, con la prorompente energia di Eros.
La Ragione segna la rotta, ma l'entusiasmo è il vento che muove le vele della meravigliosa nave della tua vita e quello che conta che entrambe le facoltà sono pessime padrone e utili serve.