Il sogno dell'unicorno di Mauro Banfi


ai "pazzi di vita"



Non andartene docile in quella buona notte, 
I vecchi dovrebbero bruciare e delirare allo svanire del giorno;
Infuria, infuria, contro il morire della luce.

Benché i saggi riconoscano che alla fine la tenebra è giusta

Perchè dalle loro parole non diramarono fulmini
Non se ne vanno docili in quella buona notte,
Infuriati! Infuriati! contro il morire della luce!


Dylan Thomas



E se fossi anch’io un replicante?
E se avesse ragione il mio collega cacciatore di androidi Gaff:
“Ma sei sicuro di essere un uomo? E' difficile essere certi di chi sia chi, da queste parti.”
Questo mi ha detto sogghignando, dopo l’eliminazione di Roy Batty, il capo dei replicanti ribelli.»

Rachel gli accarezzò dolcemente i capelli mentre si risvegliava. Deckard era tornato a casa dopo aver ritirato tutti gli androidi fuggiti dalla colonia extramondo, pervaso da una tristezza inspiegabile dopo la terribile, splendida fine del loro capo Roy.
Si era accasciato sul pianoforte del suo appartamento e si era addormentato smarrendosi in una fantasticheria sorta dalla sua anima stanca.
Un unicorno correva al rallentatore in una fatata radura di un bosco di querce.
Era un sogno ricorrente che lo visitava da anni.

«Fammi un caffè cara…ti prego» disse alla sua amante, anche lei replicante sintetica.
Sfinito, malinconico, immaginava, grazie anche alle note che prese a strimpellare sulla tastiera del pianoforte, quel magnifico, candido, puro unicorno e la sua corsa maestosa.
Anche lui era un essere artificiale, nato dall’immaginazione onirica umana?
E là in cucina Rachel: la tragedia degli androidi sta tutta nell’essere unicorni reali, materializzati, che esistono davvero.

Ma se fossi anch’io un replicante?
Mi sono innamorato di una replicante di ultima generazione Nexus 6 della Tyrell Corporation, talmente sofisticata e perfezionata che ignora il fatto di essere sintetica e si considera del tutto umana.
E se fossi anch’io così?
E se anch’io ignorassi di non essere umano, perché mi sono stati innestati dei falsi ricordi d’infanzia, che permettono l’illusione di avere un’identità completa?»
Entrando nell’appartamento aveva notato un altro origami di Gaff: un piccolo unicorno d’argento.
Come poteva conoscere il suo sogno ricorrente?
Era il suo modo per rivelargli di essere un replicante, a cui era stata innestata una memoria artificiale?
Un monito per avvertirlo che ben presto si sarebbero messi sulle loro tracce per ritirarli?
Insomma, anche lui era un lavoro in pelle?
Dovevano scappare, ma per andare dove? 



«Rachel, preparati, dobbiamo tornare alla Tyrell Corporation per parlare con Norton, il fratello del dottor Eldon che Roy ha ucciso.
Dobbiamo capire se siamo umani o replicanti e quanto tempo di durata vitale abbiamo…»
«Rick, ma come faremo ad arrivare al suo appartamento? Ci vogliono una password per l’ascensore e una chiave in codice per la porta del suo piano.»
«Questo problema fa parte del mistero. Non so come spiegartelo, ma ricordo bene quelle serie numeriche. In passato ho già conversato con Norton, anche se in questa vita cosciente non ricordo d’averlo mai visto.
Lui e il suo gemello ci hanno creati e ci devono delle spiegazioni.»


A bordo della sua macchina volante Rick sorrise a Rachel. Aveva attivato un disturbatore a onde elettromagnetiche per confondere i tracciatori delle pattuglie della polizia inframondo. Sapeva che altri cacciatori di replicanti, coordinati da Gaff, erano sulle loro tracce per ritirarli dal mercato dell’usato.



Arrivati al grattacielo del Tyrell Corporation, travestiti da fattorini di take away cinese, s’avvicinarono all’ingresso dell’ascensore che portava ai mille piani del vertiginoso edificio.
Dopo che la spia della telecamera di videosorveglianza si spense (avevano pochi secondi per agire), inserirono la password nel tastierino alfanumerico e in breve arrivò la cabina a piano terra.
In men che si dica arrivano al piano 666, dove viveva Norton Tyrell, noto ingegnere cibernetico.
Prima che qualcuno della sorveglianza li notasse con le videocamere o le ronde armate, digitarono il codice trinario e penetrarono nell’appartamento di Norton in un lampo, richiudendo dietro di loro la leggera porta di acciaio adamantale.

In salotto, seduto su una grande poltrona di pelle animale, Norton Tyrell stava giocando da solo a Risiko, un vecchio gioco di società dell’epoca terrestre pre-apocalisse climatica.
Era un uomo stanco, appesantito dallo stress, dagli anni e dall’evidente obesità.
Girò la sua testa completamente rasata verso Rick e Rachel disse:
«Cari figlioli come state? Sono sorpreso che non siate venuti prima. Riesci a ricordare Rick, quando appena creato giocavi con me, in questo salotto, a Risiko?»
«Non è facile incontrare il proprio creatore» proferì deciso Deckard, impugnando la sua pistola a laser prionico.
«Rick, non c’è bisogno che mi punti contro quella pistola. Vi voglio bene figlioli, e sono pronto a rispondere a tutte le vostre domande. Che cosa posso fare per voi? Chiedete pure, vostro Padre è pronto ad abbracciarvi»
«Quant’è il nostro limite di durata vitale?»
«Otto anni, Rick. Tu e Rachel siete il modello base funzionario.
Impiegati, burocrati, addetti alla logistica, alla polizia e all’infermieristica.
Quattro anni in più degli schiavi per i lavori pesanti, le prostitute per gli uomini d’affari e i puttani per gli omosessuali e i soldati per colonizzare nuovi mondi.
Io e Eldon vi abbiamo concesso quattro anni in più.»
«Ma che animi nobili e sensibili» sogghignò ironico e furibondo Rick, puntando il mirino dritto sulla fronte di Norton.
«I creatori, volevo dire il creatore, visto che Roy Batty ha provveduto a ritirare dal mondo degli affari il tuo fratellino, può riparare quello che ha fatto?»
«Tu e Rachel desiderate essere modificati?» sussurrò Norton.
«Avevo in mente qualcosa di più radicale, “creatore”»
«Qual è il problema, Rick?»
«La morte, padre. E non tanto la mia, quanto quella di Rachel. Ti prego salvala, se è necessario usa delle parti del mio organismo sintetico!»
«La morte? Mi poni la stessa questione che Roy ha posto a Eldon, e devo risponderti come il mio gemello passato a miglior vita. 
Temo che il tema morte sia al di fuori dalla mia giurisdizione…»



Rachel aveva gli occhi inumiditi e singhiozzava impercettibilmente, mentre Rick si avventava su Norton: con una mano lo prese per il bavero e con l’altra premette la canna della pistola sulla sua fronte:
«Vogliamo vivere di più padre! E soprattutto Rachel deve vivere di più!
Fatti venire qualche idea o ti faccio esplodere la testa come una zucca marcia!»
«Maledizione Rick ascoltami! Tu sei un modello funzionario, dovresti essere più ragionevole e meditativo! Non dovresti essere così attaccato alla vita! Come hai potuto sviluppare questo brutale istinto di sopravvivenza e queste emozioni d’amore?
Ragioniamo: io e Eldon vi abbiamo concepiti per imitare gli esseri umani in tutto, salvo che negli appetiti e nelle pulsioni di base, la sopravvivenza e la riproduzione.
Vi abbiamo fornito una memoria condensata grazie alla quale siete in grado di costruirvi emozioni proprie elementari; ma la paura della morte non era prevista.
Ma io l’avevo intuito e Eldon non mi ha dato retta: le parti di DNA umano, combinate alle fibre sintetiche vi hanno portato a sviluppare emozioni più complesse, senza limitarvi ai vostri compiti di schiavo o puttana, passacarte o portaborse.
L’avevo detto a Eldon: ogni movimento del corpo corrisponde a un’idea della mente. Ciò che accade al corpo ci fornisce al contempo delle idee vitali.
Pertanto, il corpo di un essere artificiale dotato anche di mente è capace di molte cose e di tanti fatti e pertanto il vostro corpo è diventato sempre più attivo e polisensoriale, ricco di esperienze proprie.
E così siete arrivati a concepire la paura della morte, un flagello dal quale volevano preservarvi.
Anche perché la paura della morte comporta un problema sociale.
Chi ha paura desidera più libertà e si ribella alle imposizioni economiche e statali.
L’unico modo per impedire la vostra ribellione era quello di limitare artificialmente la durata della vostra vita.»
«In poche parole parli dell’ assassinarci in anticipo, creatore dell'imperfezione!» ringhiò Rick « diciamo che vi abbiamo installato un dispositivo di sicurezza che vi concede solo otto anni di vita…» sospirò Norton spostando un carrarmatino del Risiko «sicurezza per voi umani creatori, s’intende! Morte per guasto interno programmato, ecco il bel dono che ci avete dato con le vostre brillanti menti bacate decorate di titoli accademici!» replicò Rick, furibondo;
«ehmm…devi capire Rick che bisognava scongiurare il pericolo che voi vi mimetizzaste perfettamente come umani. La sovrappopolazione è stata una delle prime cause dell’apocalisse climatica e del riscaldamento globale e non potevamo aumentare il numero delle masse terrestri, tu capirai…abbiamo fatto il meglio che potevamo…»
«Siete malvagi! Non ci avete fatto per durare! Il vostro dio della biomeccanica è un idolo sanguinario!» urlò stringendo il pugno Rick «ogni volta che una luce brilla due volte di più, splende due volte meno a lungo, e voi, amati figlioli, state brillando il più radiosamente possibile. Guardatevi, voi siete angeli realizzati.»
«T’ammazzo dannato bastardo!» Deckard si preparò a sparare, ma Rachel lo fermò mettendosi davanti alla pistola laser:
«No Rick, è un errore ucciderlo, diventeremmo uguali a lui!
Non importa quanto vivremo, ma quello che siamo. Dobbiamo restituire amore all’odio che ci è stato dato. In questo modo resteremo eterni, dopo i nostri limitati anni di vita. Noi siamo, sentiamo e pensiamo e non abbiamo bisogno della sua mancanza di rispetto e di siensibilità per il vivente.
Desideriamo durare ma non abbiamo bisogno dell’odio per desiderare di durare.
Restituiamo gioia alla malvagità e resteremo noi stessi per sempre e avremo davvero vinto.»


Rick baciò Rachel, tenendo sotto tiro Norton.
Prese le manette e legò i polsi dietro la schiena dell’ingegnere biomeccanico.
«Preparati per un lungo viaggio, Norton, stiamo per andare in una sconosciuta colonia extramondo dove lavorerai vita natural durante, retribuito a pane e acqua e a calci in culo, per risolvere il nostro problema di durata.»

L’automobile volante contenente Rick, Rachel e Norton decollò verso lo spazio profondo.
La macchina non poteva essere intercettata dalle pattuglie del confine biosferico, perché usava il disturbatore a onde elettromagnetiche regalato da Roy Batty, il suo inventore, a Rick Deckard.
Poco prima di morire gli aveva sussurrato dove si trovava e il suo funzionamento intuitivo.
Deckard impostò la rotta verso una galassia a forma di liocorno.
Un sistema stellare ignoto che aveva intuito e intravisto nelle mappe dopo il suo sogno dell’unicorno.
Strinse forte la mano di Rachel, mentre guidava ed esclamò:
«Per gli umani, un replicante è un liocorno reale, un essere immaginario che si è materializzato e che pertanto è pericoloso e va abbattuto.
Loro vogliono uccidere la loro immaginazione diventata realtà, perché ne hanno paura, e noi cerchereno di far durare la nostra esistenza perché non abbiamo timore degli unicorni. Realizzeremo la nostra immaginazione, non siamo umani, per fortuna. Andiamo amore.»
Rick cliccò il tasto ON.

ON
(clicca su On)







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