Perchè l'hai fatto? (Capitolo terzo) di Mauro Banfi


SONO  SOLO  UN

VIANDANTE   GROSSIPIEDI

Capitolo terzo:
               Perché l’hai fatto?
                               




Arrivati alle sponde del Lago Azzurro, nel punto in cui si dipartiva la spirale del Regno dei Martin Pescatori, Mosco e Syd piantarono le tende.
Eseguito a dovere il lavoro si recarono a controllare una grotta lì vicino, dove Mosco aveva stipato in botti di rovere alcune provviste.
Prese da un barile un sacchetto contenente dei tuberi – seme di patata, facendo attenzione che ogni pezzo avesse almeno un paio di gemme fertili.
«La cura sarà lunga, Syd, almeno un paio di mesi, e le signore patate ci daranno l’alimentazione giusta per questo periodo, insieme a molti tipi di ortaggi e insalate e tipi di frutta che troveremo qua intorno.
Andiamo a metterle a dimora vicino al nostro bivacco».




La primavera avanzava ed era la stagione degli amori per tutte le forme di vita attorno al Lago Azzurro.
Il risveglio primaverile coinvolgeva proprio tutti, dagli insetti, ai fiori, ai mammiferi della foresta, fino ai pesci e ai Martin Pescatori del lago.
Mentre percorrevano la spirale di terra del Regno dei Martin fino al suo centro, dopo aver messo a dimora i tuberi – seme vicino alle tende, i due Grossipiedi sentivano il canto d’amore dei Martini accordarsi in armonici cori.
Con meraviglia assistevano ai loro corteggiamenti:




Il Martin pescatore maschio richiamava e attirava la sua compagna, riconoscibile dal seducente colore rosso della parte inferiore del becco, con un trillo e con l’offerta di un pesciolino tenuto dalla parte della coda, per sottolineare il dono.
La femmina accettava il presente e la coppia compiva dei gioiosi voli nuziali a notevole altezza, per suggellare l’unione.
Poi, una volta ridiscesi sulla sponda a spirale nel lago, prima lui e poco dopo entrambi, cominciavano a scavare un profondo nido in una parete di terra della riva.
Ogni tanto notavano qualche maschio librarsi sul dorso della femmina, afferrandosi alle piume della sua nuca, e le code si spostavano di lato…





« Eccoci arrivati nel punto giusto, Syd.»
Detto questo, Mosco posò a terra la sua sacca da viaggio e ne estrasse dei pezzi di legno con i quali costruì un nido artificiale.
Tirò fuori anche due piccoli badili e ne porse uno a Syd.
«Aiutami a scavare, Syd.
Dobbiamo prima scavare  una tana nella sponda per inserire il nido artificiale, e dal lato dove ci sono questi fori per ispezionarne l’interno, metteremo una lastra di vetro, e scaveremo un’altra buca dove ci metteremo noi per ispezionare il lieto evento e i piccoli di una coppia di Martini, senza essere notati e senza disturbarli.
Avanti, al lavoro.»



Passarono i giorni, le settimane e due mesi come per incanto.
I quattordici giorni di beltempo dell’intervallo alcionio sembravano non finire mai.
Mosco, segretamente, era preoccupato.
I giorni alcionii erano diventati un'abitudine.
La terra era assetata e il livello del Lago Azzurro si stava abbassando.
Era il tempo delle piogge, eppure splendeva il sole.
Che cosa stavano combinando gli uomini, là nelle Terre Vaste lontane?
Quali catastrofi stavano per cominciare, come il loro solito?
La pioggia dove era finita?

Mosco stornò quei cattivi pensieri e torno a pensare al suo amico d’avventura.
Syd aveva dimenticato il suo Ego e quasi completamente la malattia del tramonto.
Il beneficio dell’aria salubre e aperta, il lavoro quotidiano, l’osservazione costante dei Martini lo stavano riportando alla rinascita.
Solo al tramonto lo prendeva un pianto irrefrenabile: si guardava le mani e le vedeva tutte imbrattate della linfa degli alberi che aveva distrutto e piangeva a dirotto.
Ah, avrebbe potuto fare altrimenti, perché non l’aveva fatto?
Come aveva potuto farsi manipolare la mente dallo stregone Nero?

Mosco in quei momenti gli cantava delle canzoni e gli passava un fazzoletto per asciugarsi le lacrime.
«Piangi amico, senza vergognarti. Il pianto è la più antica medicina, insieme al riso, donata dal Suono agli uomini».
Il mattino dopo Syd ritornava dai Martini, e riassorbiva ancora la gioia delle loro abitudini.
Quando prendevano un pesce, facevano attenzione a ingoiarlo dalla testa per evitare che le lische non li ferissero durante il passaggio nell’intestino.
Come gli aveva fatto notare l’esperto Mosco, quando tenevano nel becco il pesce alla rovescia, voleva dire che stavano per nutrire i loro piccoli o volevano offrirlo alle loro compagne femmine.

Syd era sempre più meravigliato dal comportamento dei Martini dentro il nido; quando erano appena nati e piccolissimi, i due genitori li tenevano costantemente al caldo con le loro ali; ora che erano più grandicelli e stavano mettendo le prime piume colorate, stavano frementi in fondo alla camera in fondo allo stretto tunnel d’ingresso del nido artificiale, e uno solo di loro, il primo all’imbocco della galleria, aveva diritto al cibo.
Ma per i Martini non succedeva come per altre specie di uccelli o per gli uomini devoti a Mephisto, dove solo i più forti si accaparrano il cibo, rischiando di far morire di fame fratelli e sorelle.
I piccoli dei Martin Pescatori fanno invece i turni di fronti all’entrata della loro camera, e ognuno di loro a diritto di sfamarsi quando è giunto il suo turno.
Per questa usanza il Martin Pescatore era considerato l’animale sacro dai Grossipiedi.


Una sera, mentre Mosco e Syd riscaldavano le loro pance con una deliziosa minestra di verdure, Sbrindolento se ne venne fuori con una domanda:
«Senti Syd, è giunto il momento che io ti chieda come ha fatto a convincerti lo stregone Nero ad abbattere tutti quegli alberi…se non vuoi rispondere, non fa niente e ricordati, se lo fai, non ti giudicherò né tantomeno andrò mai a riferire il tuo sentimento…se vuoi, ti ascolto…»
Syd fissava le fiamme del fuoco che aveva scaldato il paiolo della minestra, e il suo volto tradiva forti emozioni.
«Non appena ebbe vinto le libere elezioni di GranGiardino, lo stregone Nero s’insediò nella Casa Comune del Contado e mi mandò a chiamare.
“Syd, sappiamo che sei un abile taglialegna e che ogni tanto hai il coraggio per spingerti nel Boscoscuro ad abbattere qualche albero.
Mi hanno detto che sei il migliore e vorrei che diventassi il caposquadra dei miei tagliabosco.
Guardi Messer Nero, risposi, vado nel Boscoscuro solo per procurarmi quel tanto che basta per costruirmi un mobile o due l’anno.
Non sono poi così bravo in quell’attività.
Inoltre ricordai allo stregone Nero che i Custodi di Boscoscuro, dopo il grande disboscamento eseguito per creare il Contado, non avrebbero tollerato tagli abusivi del Boscoscuro, oltre il limite concordato col precedente Reggente.
Ma Nero, Mosco, mi rise in faccia.
Disse che i suoi soldati erano pronti a fare a pezzi e a bruciare i Custodi e che il popolo dei Grossipiedi aveva diritto a tutta la legna delle Terre Vaste, per usarla a suo vantaggio come gli pareva e gli piaceva.
In seguito scoprii che il suo piano era costruirsi una fortezza gigantesca.
Allora Mosco, gli ricordai il principio del mago verde Mirdin…
«Il punto di vista della collina…» aggiunse Mosco.
«Esatto, caro amico.
Ai tempi del primo patto con i Custodi di Boscoscuro, fu convocato Mirdin per aiutarci nella mediazione.
Per concordare con i Custodi la giusta quantità di legna da prelevare ogni anno per ogni Grossipiedi, Mirdin ci propose di adottare il “punto di vista della collina”.



Ascoltatemi Grossipiedi.
Se ognuno di voi prende dal Boscoscuro tutta la legna che vuole, in poco tempo la foresta sarà abbattuta, e allora faranno bene i Custodi a muovere guerra verso di voi.
Ci saranno dei morti, ci saranno pianti nelle case.
Ragionate.
Immaginate di salire in cima alla collina più alta del Contado e di vedere in un colpo solo tutto l’insieme dei vostri comportamenti e le loro conseguenze.
Comprenderete subito che non potere rubare al Boscoscuro quello che volete.
E non ci vorrà molto a calcolare quanto potete prendere senza che il bosco sia distrutto, se state attenti alle conseguenze dell’insieme dei vostri comportamenti.

Lo stregone continuò a ridere di quelle sagge parole e fu allora che mi fece quella maledetta offerta:
“Syd, ascoltami: tu non sei uno come tutti gli altri mediocri Grossipiedi che si sono fatti incantare dai sofismi di Mirdin.
Tu sei il più in gamba di tutti e meriti di più, perché chi merita di più e giusto che sia riconosciuto da tutti.
A proposito del punto di vista della collina, ti offro un vasto pezzo di terreno dove costruire la casa più alta di tutto il Contado, da dove la tua grandezza verrà ammirata da tutti.
La porzione di terra più bella di GranGiardino, che potrai coltivare a vigneti e frutteti, portandoti in dote una favolosa ricchezza.
Tutto questo in cambio della tua opera di caposquadra.”
E ancora non so spiegarmi il perché, Mosco, ma in quel momento, senza pensarci, accettai.»




Le fiamme guizzavano nel bivacco davanti alle tende dei due Grossipiedi.
Syd si coprì la faccia con le mani e con le dita si stropicciava gli occhi chiusi, come a cercare di contenerne segreti tormenti.
Riprese a parlare, mentre le lacrime cominciavano a rigargli le guance…
«Il mattino seguente mi scagliai come una furia contro gli alberi della foresta oltre la Siepe…ero completamente dominato dalla visione di quella casa sulla collina che mi aveva piantato nel cervello lo stregone Nero…e con la scure tagliavo, tagliavo, e l’innocente linfa verde delle piante mi scorreva sul corpo come sangue, ah maledetto, maledetto che sono!»
Syd s’interruppe e prese a singhiozzare:
« Avrei potuto fare altrimenti, Mosco, e non l’ho fatto…e se non ho fatto altrimenti da come ho fatto, è perché l’ho scelto di persona?
Per molto tempo, Mosco, mi sono autoassolto.
Per molti giorni ho continuato a trovare alibi alla mia scelta sbagliata: lo stregone Nero era troppo potente, avrebbe potuto farmi imprigionare e uccidere, lui era il Reggente ed io avevo il dovere di obbedire senza discussioni e tante altre bugie su bugie.
La verità è che la responsabilità è solo mia: potevo fare altrimenti e non l’ho fatto.
Ecco la porta da dove è entrata nella mia anima la malattia del tramonto.
Questo l’ho compreso osservando negli appostamenti quei meravigliosi Martini che mi hai fatto conoscere, Mosco.
Loro non danno mai la colpa a nessun altro per le azioni che compiono.
I loro gesti sono puri, netti, essenziali e autobastanti.
Il Suono ha dato loro la missione di lasciare i propri geni sulla terra e loro lo fanno assumendosi quella responsabilità senza farla pesare ad altri e senza distruggere l’ambiente circostante alla loro vita.
Mosco, invece io ho rotto quell’armonia.
Riuscirò mai a convivere col peso di quell’altrimenti che potevo fare e non ho fatto?»
Così finì il suo discorso Syd, mentre sentiva il suo cuore farsi più leggero, quasi come se stesse nuotando nelle fresche acque trasparenti del Lago Azzurro.
«Avanti Syd, adesso basta piangere, andiamo a dormire.
Domani ci aspetta un’altra dura giornata di lavoro e appostamenti.
Per quanto mi riguarda ti dico: ce la puoi fare a convivere con quel peso, devi avere fede in te stesso, ce la fai! Ora sai che si può fare sempre altrimenti da come i nostri istinti, i nostri desideri o certe imposizioni ci costringono a fare.
E bisogna sbagliare per arrivare a capire che comunque la responsabilità delle nostre azioni è solo nostra.
Bisogna essere cauti e ben ponderati nella scelta delle nostre azioni, perché nel momento che le compiamo sono solo nostre.
Ascolta: vedo tutti i giorni il tuo sguardo da ragazzo meravigliato seguire i voli dei Martini e ti dico: ce la fai!


Puoi scegliere un altro stile, un altro modo di agire e lo puoi fare solo tu.
Buonanotte Syd, mi ritiro in tenda.»
«Buonanotte Mosco»




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