Il “ciclo dei nematodi” tra body horror ed eco horror. Le storie d'orrore come strumenti d'indagine della nostra realtà.


 

«Gli uccelli non sono aggressivi, signorina. Sono il simbolo della gentilezza.» da Gli uccelli, di Alfred Hitchcock. 
«Fin dall’inizio dico che è un’avventura filosofica, un viaggio per capire in cosa consistono l’essere umano e la condizione umana. Sono sempre stato convinto che il corpo è la prima ed essenziale dimostrazione della nostra esistenza. Molto di quello in cui crediamo o che inventiamo è un tentativo di evasione da questa consapevolezza. Quasi tutte le religioni sminuiscono il corpo e spingono a trascenderlo per indurci a sperare che possiamo sfuggirgli e che la morte non è la morte. (…) Per questo la definizione di body horror non viene da me, perché non penso che quel che faccio sia orrore del corpo, ma piuttosto interesse e fascinazione. È la nostra essenza, come potrebbe non interessarci?» David Paul Cronenberg.

Il genere horror – cinematograficamente e letterariamente parlando – è spesso statosnobbato nel nostro Paese. E lo è tuttora. Non ha attecchito nei cuori e nei gusti degli scrittori e dei lettori italiani così come ha fatto, invece, all’estero. Stati Uniti e Gran Bretagna, in primis. Perché? Be’, per una serie di motivi storico-sociali che non stiamo qui a snocciolare, altrimenti finiremo per dilungarci eccessivamente.
Non mi è successo raramente che, parlando con qualcuno (conoscenti, amici, professori, parenti), questi sorridesse o ridesse della mia passione per il genere in questione.
Ricordo che una volta, parlai entusiasta di Il Miglio Verde (che, lo so, non è puramente horror) ad una mia zia. Lei mi rispose, con sorriso sprezzante: «Il Miglio Verde? Ma è quello dove il gigante nero sputa quella cosa dalla bocca?»
Io annuii, scocciato dalla banalità di quel modo d’esprimersi e lei chiuse lì il discorso bollando il capolavoro di King come, parole testuali, “una stupidata”. Ovviamente, il discorso fu chiuso per lei: io cercai di esporle i concetti, i significati, i valori espressi in quel romanzo (così come in It) ma perfino adesso dubito che mia zia mi stette a sentire.
Non c’è peggiore sordo di chi non vuol sentire, peggiore cieco di chi non vuol vedere e… e tutto il resto.
Per non parlare della mia professoressa di storia e filosofia al terzo anno di liceo o, ancora, del prete che abita nel palazzo affianco al mio. Quando hanno saputo della mia passione mi hanno rivolto sguardi a dir poco terrorizzati, anche accusatori. Manco fossi stato il peggior bestemmiatore o il peggior assassino a sangue freddo che abbia mai messo piede su questa Terra. Quasi fossi un adoratore di Satana. Idee astruse che, in loro, sono nate accostando al genere horror il tipo di musica che ascolto.
Ignoranza.
Nasce tutto dall’ignoranza. Un’ignoranza che trova origine, forse, nella paura. L’emozione dominante, all’interno del contesto horror, l’emozione che i romanzi o i film di questo genere mirano ad analizzare, a suscitare, ad esorcizzare. Varie sfaccettature della paura, a seconda dell’autore, della sua terra d’origine, della società in cui si trova. Tanti tipi di paura ma pur sempre paura.
Probabilmente è proprio la paura che agisce da barriera, da muro invalicabile e porta i detrattori dell’horror lontano da esso. E, per nascondere i loro timori, questi gentili individui etichettano il tutto come “stupidaggini”, “fantasticherie”, “malignità inutili”. «Come se già non ci fosse abbastanza orrore nel mondo di tutti i giorni», dicono molti.
Ed eccola, allora!
È la paura! Li intimorisce il pensiero che la vita quotidiana, la vita di ognuno di noi, sia già di per sé, ricettacolo di accadimenti oscuri e terribili, a volte inspiegabili e apparentemente folli. Li intimorisce il pensiero che, uno di questi tremendi eventi, possa capitare a loro. Che li possa carpire e portare via da questa vita, chissà dove.
Paura che genera ignoranza. Un categorico rifiuto ad un nobile, nobilissimo genere. Un genere che affronta la più ancestrale emozione dell’uomo, spesso affiancandola ad un’attenta analisi storica, ad una raffinata critica sociale, alla profonda descrizione di una data condizione umana: l’horror si presta come strumento d’indagine della nostra realtà, in tutti i suoi aspetti, regalando storie appassionanti e sconvolgenti.
Ci ricongiungiamo, qui, al Ciclo dei nematodi cui noi della Weird League abbiamo lavorato, divertendoci, sbizzarrendoci, tutti insieme. Riportiamo qui, le parole del “Moscone” – Mauro Banfi:
«Quello che mi atterrisce nel processo che coinvolge il nematode e la sua preda è il fatto che ciò che vuole il nematomorfo è voluto tanto quanto ciò che subisce il grillo.
Il grillo è convinto di seguire un istinto sano nel buttarsi in acqua e non sa che qualcuno lo sta manipolando a seguirlo.
 Questo mi porta a pensare che non è l’uomo a contrapporsi alla natura, che il disboscare, l’inquinare con i pesticidi, l’estinguere specie animali segue un terribile programma della stessa natura che ha programmato l’uomo affinché producesse la cultura che l’ha snaturato.
Questo è stato il terribile pensiero che mi ha accompagnato mentre mi appassionavo e mi divertivo a comporre l’opera: e se tutti i disastri ambientali fossero architettati dietro le quinte dalla stessa natura?»
Più chiaro di così si muore.
L’horror presenta una situazione terrificante, raccapricciante come i nostri vermicelli che – da buoni parassiti quali sono – si intrufolano nei corpi delle vittime (non più animali, ma umane) e ne prendono il controllo, al fine di far prosperare la loro specie, rendendola l’unica dominante sul pianeta. Una situazione, dunque, altresì poco probabile (be’, chi lo sa…!) e che, superficialmente, potrebbe apparire perfino banale, una storiella per metter su paura, una storiella per ammazzare dieci minuti di tempo libero.
Ma sotto, dentro la storia, c’è il cuore pulsante. Il tema principale, travestito da racconto dell’orrore. L’aspetto della nostra società che equivale alle devastanti azioni che l’uomo, da fin troppo tempo, abbatte sul pianeta Terra, quasi senza scrupoli (cos’è che fa più paura, adesso: il racconto o la verità?). Una denuncia comportamentale, una sorta di monito, chiamatela come volete. Fatto sta che, anche in questo caso, l’horror va a scandagliare ciò che ci circonda, ciò che siamo, ciò che facciamo, portandoci a riflettere.
Proprio per questo Il giorno dei nematodi si classifica a metà tra eco horror(spaventose, orrende possibili conseguenze naturali derivanti dal comportamento spesso negativo e dannoso dell’uomo) e body horror (spaventose, orrende scene caratterizzate da mutilazioni e deformità corporee; effetti nel nostro caso raggiunti anche attraverso la tecnica FILW): due sottogeneri, qui, strettamente legati a doppio filo.
Insomma, bisogna conoscere le cose, prima ancora di poterle giudicare. Aprire la mente, superare certe barriere auto-create e provare a conoscere ed esplorare nuovispazi. Togliere i paraocchi e i tappi dalle orecchie, passeggiare su vie diverse da quelle che ci preponiamo come “nostre”, magari finiremo per cambiare opinione.

Film eco horror da non perdere:
 
GLI UCCELLI – A. Hitchcock (1963)
DAYS OF THE ANIMALS – W.Girdler (1977)
ARTIGLI – D.Heroux  (1977)
I CARNIVORI VENUTI DALLA SAVANA – J. Libermann (1978)
SWARM – I. Allen (1980)
ALLIGATOR – L. Teague (1980)
CUJO – L. Teague (1983)
MONKEY SHINES – G. A. Romero (1988)
ARACNOFOBIA – F. Marshall (1990)
ANACONDA – L. Llosa (1997)
BLACK SHEEP – J. King (2008)
SLUGS – J. P. Simòn (1988)
 
Film body horror da non perdere:
 
IL DEMONE SOTTO LA PELLE – D. Cronenberg (1975)
ERASERHEAD – D. Lynch (1977)
STATI DI ALLUCINAZIONE – K. Russel (1980)
BASKET CASE – F. Henenlotter (1982)
VIDEODROME – D. Cronenberg (1983)
LA MOSCA – D. Cronenberg (1986)
SOCIETY – B. Yuzna (1989)
INSEPARABILI – D. Cronenberg (1988)
TETSUO – S. Tsukamoto (1989)
BUG: LA PARANOIA È CONTAGIOSA – W. Friedkin (2006)
BAD BIOLOGY – F. Henenlotter (2008)

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