I salici bianchi (2): in cerca della garzaia scomparsa




a Lucio Mastronardi, scrittore e grande camminatore dei boschi vicino al Ticino, nei dintorni di Vigevano.

        IN CERCA DELLA GARZAIA SCOMPARSA

SECONDA TAPPA: CASCINA REGINA, PONTEVECCHIO MAGENTA (MI) - BOSCO DEL MEZZANONE OLTRE IL CANALE SCAVIZZOLO, DAVANTI ALLA TENUTA DELLA ZELATA (PV).
                                                                   Note tecniche:
E' POSSIBILE SEGUIRE IL TRACCIATO DELL'AVVENTURA SU GOOGLE EARTH, DIGITANDO TURBIGO (MI) E SEGUENDO IL CORSO DEL FIUME TICINO FINO A BEREGUARDO (MI).
LUNGHEZZA IN LINEA D'ARIA: 23,37 Km
TEMPO EFFETTIVO DI PEDALATA: 7 h 50'
MEDIA: 15.01 km/h
PARTENZA: 5.30
ARRIVO: 19.05
«Viandante, sono le tue orme
il sentiero e niente più;
viandante, non esiste il sentiero,                                              
il sentiero si fa camminando.
Camminando si fa il sentiero
e girando indietro lo sguardo
si vede il sentiero che mai più
si tornerà a calpestare.
Viandante non esiste il sentiero,
ma solamente scie nel mare».

Antonio Machado
                                      
Sabato, 2 aprile 2016, lanca dei salici bianchi.

                                                 
                         

Riapro la moleskine.
Le tende sono piazzate vicino allo specchio argentato della lanca.
E’ tempo di annotare quest’altra giornata piena, sovraccarica come un boccale di birra spumeggiante.

               Siamo partiti da Cascina Regina alla volta del ramo delizia della Cascina Fagiana.
                                          
Prima sostiamo al centro LIPU per ammirare i rapaci notturni salvati dai bracconieri. Chiediamo loro di essere i nostri spiriti del bosco e di proteggere la nostra avventura.
                                     

                                                               
                                                            - Poiana e Gufo del centro LIPU la Fagiana -

Purtroppo non possono più volare con la necessaria destrezza e sono sostenuti dai volontari.
Attraversiamo il ponte di legno che rappresenta il centro del Parco del Ticino e pedaliamo nel folto dei boschi, verso il ponte di Vigevano.
                                                        

Il cartello da seguire è località Scolmatore, sette virgola sette chilometri.

                                     

Filiamo per i boschi in fila indiana e comunichiamo tra noi a gesti.
Il capofila (quello che conosce il tracciato) usa un efficace ed essenziale linguaggio metaverbale mutuato dai nativi americani.
Braccio alzato con pugno chiuso: frenare, ostacolo in arrivo.
Braccio alzato con gesto ad esse: percorso sabbioso in arrivo.
Braccio alzato con dito indice levato: ramo basso in arrivo, abbassare la testa.
Braccio teso in giù con indice levato: fango a tutto spiano, si scivola.
E così via.
                                      

Usciti dalla foresta planiziale percorriamo un territorio che amo particolarmente e che mi piace chiamare la “Contea degli Hobbit”.
L’acqua dei torrenti alpini, scendendo dalla catena montuosa, scompare non appena incontra le ghiaie alluvionali dell’alta Pianura Padana che, in pratica, la assorbono come una grande spugna.
Le acque alpine, ora divenute sotterranee, incontrano materiali impermeabili come limi e argille e risorgono in limpide e pulite polle: le risorgive.
Questo stupendo fenomeno naturale permette grandi possibilità d’irrigazione per i campi, e ne fruisce in modo fertile questa rete di cascine (la Remondina, la Broggina, la Guzzafame, la Trinchera, la Roma e tante altre), che lasciamo per portarci sul trafficato Ponte di Vigevano.
Questo è stato l’unico punto veramente pericoloso del percorso di oggi.
Gli esseri umani, quando sono intrappolati dentro una macchina, diventano delle belve assassine indifferenti a chi ha una velocità diversa dalla loro.

Finalmente, tirando un sospiro di sollievo, ritorniamo nei boschi e arriviamo alla Venezia sul Ticino, il porto sul fiume vicino a Vigevano.

                                      
E poi via ancora, nella foresta. Passiamo un limpido guado e dopo una brughiera arriviamo per il frugale pranzo al Canton del Marino, un’area ben attrezzata alla bisogna.

                                 
Durante il pranzo, Paolo, il fotografo della compagnia ci mostra le immagini di una poiana che ha ripreso su un albero.
Dopo pranzo, Riccardo, il tecnico, controlla le bici, mentre Anna, laureata in scienze naturali e in biologia, non vede l’ora di ammirare pedalando il “Sentiero delle farfalle”, creato nel Parco dalla sua amica Vera.
                                            
Si tratta di un percorso di circa 500 metri dove sono state messe a dimora piante nutrici idonee a diverse specie di bruchi e stazioni con altre piante ricche di nettare per attirare le farfalle, in modo da facilitare l’osservazione e la conoscenza dei colorati lepidotteri.


Ripartiamo, e dopo un breve tratto asfaltato siamo ancora nel bosco, sul sentiero della fatina, alquanto stretto e accidentato.
Dopo un ponticello di legno cominciamo le stazioni del sentiero delle farfalle e ammiriamo la precisa ed elegante cartellonistica.
Colorati pannelli dispiegano tutta la sgargiante biodiversità delle farfalle italiane.
                                             

                                             

Come il solito non c’è nessuno, troppa fatica fare due passi dalla vicina Vigevano.
Anna se ne frega del mio pessimismo e continua a fare fotografie su fotografie, insieme a Paolo.
«La via attraverso il mondo è più difficile da trovare della via al là del mondo» mi dice, scaldando la sua digitale.
Cita il nostro poeta preferito, Wallace Stevens: “Risposta a Papini”.
La maggioranza delle persone non comprende che restando chiuse in casa, a drogarsi con le illusioni che vendono a caro prezzo dai video, aumentano a dismisura i loro problemi e i loro guai.
Che cosa faremmo senza le donne che vanno avanti lo stesso e comunque, anche nel silenzio colorato. Penso io.

Dopo un altro bel sentiero nel bosco, un “tunnel verde”, come ci piace chiamarlo, passiamo da Cascina Torricella.
Stiamo costeggiando il canale Scavizzolo che ci porterà al punto panoramico e alla garzaia vicino alla segreta lanca dei salici bianchi.
Molti aironi hanno l’abitudine di nidificare collegialmente in luoghi chiamati garzaie che possono raggruppare ardeidi di specie diverse.

In genere nella parte più alta della chioma degli alberi si dispongono le coppie di airone cinerino.
Il livello intermedio è occupato da nitticore, aironi bianchi guardabuoi, garzette e sgarze ciuffetto, mentre più in basso prendono posto i maestosi aironi bianchi maggiori.
Questa vita collettiva in garzaia offre agli ardeidi dei vantaggi per quanto riguarda la ricerca di cibo, la difesa dai predatori e il successo della riproduzione.

L’unione fa la forza, e così riunita, la grande famiglia degli ardeidi può:
  • difendersi meglio dai predatori di uova e pulcini (Falco di palude, Cornacchia)
  • trovare più facilmente zone ricche di cibo. Infatti, è stato osservato che gli uccelli che tornano al nido con abbondanti prede, quando abbandonano nuovamente la garzaia, sono seguiti sempre da altri Aironi. Inoltre nidificare in garzaia significa avere più caldo nelle fredde notti primaverili, perché centinaia di corpi vicini riscaldano la temperatura dell’aria anche di due gradi.
  • conseguire più successo riproduttivo, perché il nidificare contemporaneamente nello stesso luogo, comporta il combattere contro un minor numero di predatori, che sono generalmente territoriali e che quindi possono complessivamente rubare un minor numero di uova.
Inoltre ogni strato abitativo può fare da sistema d’allarme per gli altri livelli.


Passiamo il ponte che ci porta al punto panoramico.

Entriamo in una delle zone più sconosciute e disabitate del Parco, dove dormiremo in tenda per tre notti.
Non abbiamo paura, perché noi siamo la garzaia della ParkBike.

         
        
                                                    - punto panoranico sul Ticino (cliccare) -

Arrivati al punto panoramico, contempliamo il fiume azzurro che scorre come fa da millenni.
Il suono della corrente trasporta i nostri corpi verso la prossima tappa: la garzaia.
Nel posto che ho visto e fotografato l’altra volta, un boschetto di ontani e farnie, gli aironi cinerini non ci sono più.
Dove sono andati? Erano almeno una cinquantina di esemplari.
Abbiamo sentito dei rumori nel bosco e abbiamo intravisto un cercatore di funghi che veniva verso di noi.
                                

Gli ho chiesto dove erano andati gli ardeidi della garzaia, e mentre dividevamo pane e acqua e un po’ di caffè delle nostre borracce, ci ha raccontato una strana storia:
«Ragazzi, questa primavera stanno succedendo fatti insoliti.
Gli uccelli se ne sono andati tutti dall’altra parte del fiume, verso la tenuta dei Crespi vicino a Zelata e a Bereguardo.
Inoltre, un’altra cosa mai vista: c’è stata una migrazione in massa di molti “grugnetti”, le gallinelle d’acqua, verso la lanca dei salici bianchi.
                             

Sì, Mauro, lo conosco anch'io quel meandro paludoso lasciato dal Ticino in ritirata.
Ci sono quei salici bianchissimi, bellissimi è vero, ma c’è qualcosa che non va in loro, qualcosa forse di “troppo” naturale. 
Sono diventati troppo bianchi e l’acqua della lanca ha preso un colore argentato che non si è mai visto da queste parti.
Se volete un consiglio, evitate quella zona.
Sapete perché ve lo dico?I cinghiali se ne sono andati anche loro.
Sono due mesi che non vedo più le loro impronte da quelle parti.»
                                          

                                                                           (2 - continua)

                   

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