Tolkien e il nazismo


                               
- John Ronald Reuel Tolkien -
 
Ci sono autori ai quali doniamo il nostro cuore perché come nessuno sanno capirci e rappresentarci.
Uno di questi è per me J.R.R. Tolkien, l’autore dello Hobbit e del Signore degli Anelli, capolavori eterni.
Per tutta la vita l’ho difeso a spada tratta, in roventi conversazioni con i suoi detrattori, dagli assurdi stereotipi che intendono discriminarne la personalità e l’opera.
In rapida rassegna: Tolkien era maschilista.
L’autore amò fedelmente e teneramente la sua Edith per tanti anni e per loro volontà sono sepolti a Oxford uno accanto all’altro e le lapidi riportano i nomi di Luthien e Beren, amanti creati da Tolkien per uno dei suoi racconti fantastici ambientati nella Terra di Mezzo.
Se, come credo, amare una donna davvero vuol dire rispettare tutte le donne del mondo, vorrei capire come si fa ad affermare una sciocchezza del genere.
Tolkien era manicheo: mi basta citare il finale del Signore degli Anelli, un capolavoro di visione etica profonda e integrata, (sul quale tornerò in un prossimo articolo), un saggio perfetto di narrativa non manichea.
E infine Tolkien era fascista e nazista.
Tutto si basa sullo pseudoconcetto di “tradizione”, che Tolkien avrebbe celebrato nelle sue opere.
Si intende con tale mistificazione del concetto di “tradizione” alludere a un passato mitico della civiltà con i suoi valori gerarchici che viene presentato come modello ideale e base di un ideale rivoluzionario antidemocratico in contrasto con il mondo moderno.
Tutte cose che Tolkien non ha mai né pensato né scritto.
Tanto per cominciare Tolkien ha fatto narrativa e poi credeva alla tradizione del cristianesimo cattolico in modo tutto anglosassone, cioè non fanatico e non manicheo, e ancora basterebbe solo leggersi qualche sua buona biografia e le lettere ai suoi amici per comprendere la verità.
Come sappiamo i luoghi comuni vengono inventati da chi legge poco e in mala fede.
La verità è che Tolkien si rifiutò di rendere omaggio al nazismo.
Quando gli editori tedeschi presero in considerazione la pubblicazione di un’edizione dello Hobbit in lingua tedesca, nel 1937, un burocrate del Terzo Reich contattò Tolkien per telefono e gli chiese, assurdamente, se fosse di origini ariane. Tolkien rispose:
«Posso solo supporre che mi stiate chiedendo se sono ebreo.
Mi dispiace doverle rispondere che non ho avi appartenenti a questo popolo dotato» e gli chiuse la cornetta in faccia.
Con questa battuta finì definitivamente nel libro nero delle autorità naziste; i suoi libri vennero bruciati e, come è stato scoperto negli archivi della Gestapo, se l’invasione dell’Inghilterra fosse riuscita, sarebbe stato tra i primi a finire in un lager.
Questo era John Ronald Reuel Tolkien.

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