08/02/17

FESTINA LENTE

Riassunto della puntata precedente:
LA TIGRE BIANCA, LA RAGAZZA E IL GIOVANE INCANTATORE
(per chi non ha tempo e voglia di andare a leggerla):

Si narra di Ermes Bucchi, un giovane incantatore che ammansisce in un centro commerciale una tigre bianca fuggita da un circo sconvolto dal fuoco di un incendio.
La belva, dopo aver divorato diversi consumatori intenti alla spesa, tra gli scaffali, e un promettente quanto rampante capo reparto, chiude in un angolo la malcapitata Giulia, una ragazza che passava di lì per comprare dei germogli di soia.
Ermes la salva dalla fiera con il suono di un flauto e il canto di un’enigmatica canzone, con i quali addomestica Shyla, la tigre bianca, togliendole inoltre una scheggia d’acciaio dalla zampa.
Giulia, riconoscente e incuriosita, chiede a Ermes il segreto di quella sua mirabile capacità di domatore. Ermes la invita a seguirla a casa sua.

                 
                                      
Ermes portò Giulia in un camper.    
All’interno regnava il tipico disordine "creato"dai maschi nei loro spazi abitativi - pensò Giulia - .
«Perdona il mio chaos organizzato. Prendo il mio zaino, mangiamo qualcosa e tra un’oretta partiamo verso l’Isola del Te».   
Sorpresa.
Le aveva fatto prendere da casa un trolley per stare via qualche giorno, ma non per girare con quel caravan incasinato, pieno zeppo di libri, stampe e reperti naturalistici.     
«Ah, ma allora non abiti qua? Che cos’è l’Isola del Te?»
«Sei curiosa come tutte le persone intelligenti ma saprai tutto solo a tempo debito. Siediti che ti preparo qualcosa da mangiare. Vanno bene pennette al tonno e vino bianco?».  
Giulia acconsentì ed Ermes sparì in un bugigattolo che doveva essere la cucina di bordo.      
Mentre sbocconcellava dell’ottimo pane che le aveva lasciato sulla tavola, Giulia rifletteva sullo strano silenzio di Ermes.    
Più volte, mentre venivano lì, gli aveva ripetuto la sua domanda come un mantra ossessivo:
«Qual è il segreto del tuo potere?»    
E lui aveva risposto chiedendole di raccontargli la storia della sua esistenza.
La sua vita: una cronaca ininterrotta di abusi e soprusi.      
I suoi genitori avevano cercato a forza di farla diventare un’infermiera, in modo di avere un aiuto durante la vecchiaia.
Tutto quel dolore, e il sangue, e la malattia e il decadere fisico e la morte, tutto quel regime di sofferenze imposte l’avevano fatta ammalare di ansia e paura e l’avevano spinta a scappare di casa e a vivere da sola in un piccolo appartamento ammobiliato.      
Tutta quell’ansia e quella paura l’avevano spinta a cercare dei redentori.
Frequentò delle amiche e degli amici che si proponevano di salvarla dalla paura con svariate discipline New-Age, soprattutto di matrice orientale.
Tutte quelle pratiche e quelle esperienze finivano sempre allo stesso modo: soldi buttati via e incremento del vuoto interiore e della paura.  
Conobbe un ragazzo che le fece provare un altro regime di liberazione: il sesso estremo.
Provò a sostituire lo Spirito con la Materia e sperimentò quei giochi fisici fatti di manette, corde, oggetti colorati che le indagavano il corpo e insulti “metaforici”, attivati solo per eccitare.
Poi dalle ingiurie “simboliche” si arrivò alle botte - quelle vere che fanno sanguinare e danno dolore, e ancora dolore - e Giulia scappò a gambe levate da quel nuovo salvatore corporeo, dopo averlo denunciato.  
A quel punto del suo racconto, Ermes aveva accostato la macchina e le aveva detto con la sua connaturata gentilezza:      


                             

“Tu vuoi sapere del mio potere per liberarti dalla tua paura.  
Tu cerchi ancora un redentore e allora, ascolta: patti chiari amicizia lunga.
Non sono il tuo salvatore, né ora né mai.  
Il problema è che da quando sei nata non hai ancora cercato veramente te stessa, e adesso hai trovato me e questa mia sintonia con la natura.
Allora, ti dico: perdimi subito e ritrova te stessa. Perdimi e ritrovati.
Se vuoi posso guidarti a riprendere contatto con il tuo vero Sé, ma lo posso fare solo come una guida e non come un redentore.
Una guida è solo un amico che mette in grado i suoi compagni di vita di camminare da soli, offrendo loro un supporto solo quando si rende indispensabile per motivi urgenti di salute o di sopravvivenza.
Se vuoi continuare questo percorso con me, ricordati bene questo: non ti offro nessuna liberazione, ma solo UN’AUTOLIBERAZIONE, perché non c’è vera libertà dalla paura se non ci si libera anche da ciò e da chi ci ha liberato.   
A queste condizioni, vuoi andare avanti?»        
Mentre svaniva quel flusso di pensieri, Giulia notò davanti alla tavola un quadro che raffigurava uno strano, assurdo fanciullo con la barba, che assomigliava moltissimo a Ermes.  
Anche il domatore aveva gli stessi occhi azzurri e la facciotta da bimbo, contornata da una barba nera ben curata e rasata.
Sopra il dipinto spiccava un titolo oscuro: PAEDOGERON.

    
                                               Albrecht Dürer

«Scusa, Ermes, ma questo quadro del bimbo con la barba è un tuo ritratto? E che cosa significa il titolo "Paedogeron"?»  
«Giulia, quella è una riproduzione del “Giovane Vegliardo” di Durer, e Paedeogeron era il simbolo della massima pratica di pensiero e di vita più amata e usata durante il Rinascimento: FESTINA LENTE.
Affrettati lentamente: unisci in te l’energia del fanciullo e la cautela e il buon senso della persona anziana.       
Rifletti lentamente e poi agisci con grande rapidità.»
«E questo che tu intendi, quando parli di vero Se’?»
«In parte, Giulia: il Sé è il tuo corpo che immagina, riflette, lotta e desidera. Parliamo di qualcosa di più vasto e complesso e FESTINA LENTE è solo una parte di quel grande e ramificato organismo cosmico pulsante di vita.    
Ma adesso è pronto da mangiare, ne riparleremo a tempo debito.»  
                                    
        
Dopo mangiato partirono alla volta dell’Isola del Te.        
Centinaia di nuove domande per Ermes urgevano nel cuore di Giulia, ma ormai aveva compreso che doveva aspettare il momento giusto per porle.
Dopo un paio di ore di viaggio arrivarono in una regione caratterizzata da un insieme di laghetti e paludi.      
Parcheggiarono la macchina nei pressi di una laguna e attraversarono con una barca a remi lo stretto braccio di lago che portava all’Isola del Te.

S’inoltrarono in una fitta foresta con i loro zaini in spalla e dopo mezz’ora di marcia arrivarono all’entrata principale dell’Isola del Te, che meravigliò Giulia; c’era un ponte che portava a una magnifica Loggia di marmo bianca, composta da tre grandi arcate su colonne binate che andavano a comporre una successione di serliane, che si specchiavano nelle  peschiere d’acqua di laguna antistanti.
Ermes estrasse dallo zaino una cartina del Palazzo delle "Immagini in Azione" dell’Isola del Te e la mostrò a Giulia: 


«Allora, come vedi a destra del ponte si attraversa la Loggia Grande e si va nello spazio abitativo.       
Noi, dopo il ponte, prenderemo a sinistra per lo spazio dei Padiglioni delle Immagini in Azione, e cominceremo a visitare quello chiamato “Festina Lente”.
Sei pronta?»     
«Andiamo».
                             
Dentro al padiglione “Festina Lente” c’era sulla volta un grande affresco.
Ermes invitò  Giulia a sedersi s’un panchina che era l’unico mobile di quel singolare edificio, oltre a delle specie di cuoi azzurri che arredavano le pareti sotto l’affresco.
«Questo affresco è stato eseguito da due miei grandi amici graffitari, Pongo e Arci.        
Rappresenta liberamente una riproduzione di un affresco del Mantegna, intitolato, manco a farlo apposta, “Festina Lente”.    
Osserva attentamente, sa sinistra a destra.
Una dinamica figura chiamata “Occasione” con le ali ai piedi e gli occhi coperti da un ciuffo di capelli, invita un giovane ad afferrarla al volo mentre gli passa rapida davanti su una sfera in movimento.
Dietro al ragazzo, una cauta e stabile immagine della Prudenza tiene il freno ai suoi passi impazienti e impulsivi.     
Essa sta in piedi su un solido blocco di pietra quadrata.    
Tutto è in movimento e nessuna delle due figure femminili possiede totalmente lo spazio dinamico del giovane.    
Il ragazzo, pur essendo messo sotto tutela dalla Prudenza, che lo trattiene bloccandogli il petto, è teso all’inseguimento dell’Occasione che passa veloce e la rapida Dea del Caso non gli si mostra avversa, guarda bene.      
Essa ha infatti il ciuffo di capelli rivolto nella direzione del giovane esuberante, e lo invita alla velocità di esecuzione con la stessa energia con cui la Cautela che lo assiste lo invita alla riflessione e alla fermezza.
Questa è la grande Virtus rinascimentale descritta da Pico della Mirandola, Machiavelli e Vasari.
Stai attenta: Virtù non è solo la Prudenza che trattiene l'impeto del giovane, come si crede di solito, ma tutto l'insieme di cauta esuberanza che trasmette la TOTALITA' dell'affresco del Mantegna: FESTINA LENTE.
Meditiamoci quest'immagine, cara Giulia.»   

                                                        - fine della seconda parte -    
        
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1 commento:


  1. Note iconografiche dell'autore:

    - Il Palazzo citato nel racconto e presentato - lievemente modificato dalla mia "phantasia" - nella mappa è il celebre "Palazzo Te", di Mantova, mirabile capolavoro edificato dal grande artista rinascimentale Giulio Romano per Federico II di Gonzaga.
    Visitato decine di volte dall'autore che lo ritiene la sua casa psichica preferita.
    Il Paedogeron, "Il bambino con la barba" di Durer non sta nel camper di Ermes Bucchi ma al Museo del Louvre di Parigi.

    L'affresco di Andrea Mantegna "Festina Lente", - chiamato "Occasio e Poenientia" da critici che non hanno compreso molto bene che cos'è la Virtus rinascimentale -, si trova nel Museo di Palazzo San Sebastiano, a Mantova.

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