di GisElla
Sopra
la credenza verniciata di giallo, c'è sempre quella vecchia brocca di
terracotta. Vi è dipinto un galletto, che sembra pronto a cantare. Non importa
quale ora sia in realtà: il pennuto pare sempre preannunciare l'alba; il suo
“chicchirichì” quasi esce dalle pennellate vibranti e variopinte, con cui è
stato creato.
Divago
sempre quando entro in questa sontuosa stanza, ho sempre qualche nuovo
dettaglio su cui incantarmi. La mia curiosità è enorme, e questo antico
casolare offre molti particolari su cui posare l'attenzione. Sono sempre
vissuto qui, tra queste nobili mura. Ormai il conte non può più permettersi lo
sfarzo dei suoi avi; ma i pochi e fedeli servitori, di cui s'avvale, sono
sufficienti a mantenere in uno stato decoroso la dimora.
La
cucina, con le sue fragranze e i suoi sapori, resta il locale che preferisco;
vi sosto gran parte del mio tempo. Sono capace di starci anche tutto il giorno,
se non arriva qualcuno a dissuadermi che è tempo di cambiare aria; magari per
godermi un po' di pace tra i fili d'erba o sotto l'ombra di ampie fronde.
Oggi,
però, voglio rimanere qui sciaguratamente, e scoprirò troppo tardi come questa
sia la peggior decisione della mia vita.
Mi
sistemo tranquillo in un angolo, in una tale quiete che il sonno m'accarezza
lieve come una brezza leggera e profumata. Se potessi definire l'essenza della
serenità con un istante di vita, credo che prenderei ad esempio proprio questo
momento.
Un
improvviso trambusto mi desta bruscamente, sento sbattere in rapida sequenza
tutte le finestre che si serrano in una morsa asfissiante. Nel torpore
intravedo la cameriera uscire alla svelta, sbatte violenta la porta.
Un
odore acre penetra nelle mie narici, mi brucia la gola e un dolore pulsa
prepotente nella testa. Barcollo cercando una via d'uscita. Provo a invocare
aiuto, ma i miei lamenti paiono ronzii che rimbalzano tra le pareti. Non ho via
di scampo. Raggiungo l'orcio che tanto ho ammirato. Cerco irrazionalmente i
colori del gallo: sono sempre stati il mio punto di riferimento. Stavolta i
toni allegri si sovrappongono a quest'esalazione malsana. La vista s'appanna, e
fulmineo sprofondo in un abisso che mi sommerge: nero assoluto. Gli ultimi
disperati tentativi di vita e la mia felicità annega in un baratro, le luci del
mondo si spengono così. E' solo oblio.
Trascorse
alcune ore, vengono spalancate le vetrate e si ossigena l'ambiente dopo la
disinfestazione. Entra una donna dalle gote rosse, con il grembiule s'asciuga
il volto sudato. Questo caldo insopportabile reca una costante arsura. Solleva
la caraffa per dissetarsi, quando nota un puntino scuro galleggiare nel mezzo.
Con un gesto di stizza svuota il recipiente in cui è affogata una mosca. Non
poteva scegliere posto migliore per morire, e diventare fastidiosa anche nel trapasso.
Grande novella. Un benvenuto alla prima narratrice di Rayba, grazie anche da parte di Mister Aith!
RispondiEliminaGrazie a te caro Mauro di avermi invitato su questo bel blog che hai creato!
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