Appena
entrato nell’ufficio del capo, Fred si era trovato di fronte un vecchio uomo,
vestito completamente di bianco e con una bizzarra pettinatura per l'età che
mostrava, una cresta argentata. Stava fissando, fuori dalle grandi vetrate del
suo ufficio, quel cielo arancio e rosso.
«Buongiorno
signor...» disse Fred per attirare l’attenzione.
Il
vecchio si voltò lentamente, Fred si sorprese nel vederlo camminare scalzo
verso di lui, ma quello che ancor più lo colpì fu il tatuaggio nero che sbucava
dai pantaloni bianchi e disegnava degli artigli stilizzati sul dorso dei piedi.
«Lu,
chiamami pure Lu» l’uomo allungò la mano verso Fred, che notò l’estensione del
tatuaggio anche sulle mani.
«D’accordo
sig... Lu» rispose timidamente, ricambiando il gesto e si accomodò sulla sedia
davanti alla scrivania. Lu invece si sedette sul suo comodo trono di pelle
scura dallo schienale altissimo dietro al tavolo.
«Non
tutti hanno la fortuna di passare per il mio ufficio. Di solito ricevo soggetti
molto più influenti di te» disse Lu esaminando scrupolosamente anche la minima
reazione di Fred, «con questo non voglio dire che tu sia una mezza sega, sia
ben chiaro altrimenti col cazzo che saresti qui» aggiunse.
«Certo»
rispose timidamente Fred, sorpreso dalla colorita espressione usata, «la
capisco benissimo.»
«Quand’è
che sei arrivato da noi?» chiese Lu, accarezzandosi il mento.
«Il
primo gennaio duemilatredici.»
«Anno
nuovo, vita nuova o per meglio dire esperienza nuova.»
«Sì,
esatto.» Fred non riusciva a capire se era una battuta alla quale ridere o se
era una presa in giro.
«Quanto
hai atteso nella hall, in fila con gli altri?» Lu si staccò dallo schienale e
iniziò a piegarsi in avanti verso Fred.
«Molto,
ma non saprei quanto con precisione, non ho con me né orologio né cellulare.»
«Meglio
per te, Freddy, quella merda di tecnologia crea dipendenza lo sai?»
«Sì.
Mi capita spesso di cercare nelle tasche il mio cellulare, anche se so di non
averlo.»
«L’influenza
di questo posto… è normale.» lo rassicurò Lu, tornando a distendersi nuovamente
sulla sua sedia.
Una
pausa muta tra i due. Fred, intimorito dal suo interlocutore, faceva vagare
nervosamente lo sguardo in giro per la stanza.
«Ti
vedo teso, non dovresti esserlo, non fa bene né al corpo né all’anima.»
Fred
si chiese di nuovo se quello era il senso dell’umorismo di Lu, «Mi scusi» disse
abbassando il capo.
«Cazzo
Freddy, non scusarti quando non serve.»
Fred
stava per chiedere nuovamente scusa, ma si fermò.
«Ti
capita mai di usare la parola “cazzo” come intercalare, Freddy?»
«Qualche
volta.»
«Io
la pronuncio da così tanto tempo che non ci faccio più caso» Lu scosse la
testa, in segno di rammarico, «ho iniziato quando sono arrivato qua, prima di
allora neanche sapevo esistesse una parola del genere». Rimase in silenzio per
qualche attimo, pensando al passato, poi tornò a spingersi verso Fred.
«Tornando
a noi, ti ho fatto chiamare per un motivo ben preciso, però prima vorrei
conoscerti un po’ più a fondo. Come saprai, siete così in tanti che un’eternità
non basterebbe per conoscervi tutti, però mio caro Freddy, hai attirato la mia
attenzione, penso tu valga più di molti altri.»
«La
ringrazio, ma non so cosa abbia fatto per attirarla.»
«Che
cosa facevi prima di arrivare qua da noi?» chiese Lu, come se volesse cambiare
argomento.
«Consulenze…
Una specie di consulente tributario…» Fred preferiva rimanere sul vago, anche
se era sicuro che Lu avesse già letto il suo fascicolo.
«Un
bel lavoro di merda, vero?»
«Sì,
cazzo» Fred fu colpito dalle parole che lui stesso aveva pronunciato, si
sentiva stimolato ad arrabbiarsi e a non misurare il suo comportamento, «mi
scusi...»
«Non
ti preoccupare, te l’ho detto prima, è l’influenza di questo posto ma ti ci
abituerai. Prima di quell’impiego cosa hai fatto?»
«Altri
lavori in diversi settori, alcuni che non avevano nulla a che fare tra loro.»
«Cosa
ti spingeva a cambiare?»
«Per
necessità.»
«Necessità
di che tipo?»
«Per
soldi e perché iniziavo ad odiare tutte quelle teste di...» Fred si trattenne a
stento, «per sopravvivere.»
«Capisco»
disse Lu, Fred non ne era convinto. «So che hai fatto diverse scelte nella tua
vita, torneresti indietro se tu potessi?»
«Mai,
ho deciso di vivere senza rimpianti e ho sempre cercato di seguire questa
regola auto imposta.»
«Mi
piace la tua risposta» disse Lu sempre più sorridente, «Sei un credente?»
«Credo
in qualcosa.»
«Praticante?»
«Saltuariamente.»
«Come
quasi tutti. Mai pensato di cambiare religione?»
«No,
ho approfondito la conoscenza di altre fedi, ma mai fatto un passo deciso verso
di loro» rispose Fred. La sequenza di domande non gli permetteva di riflettere
e di elaborare una credibile bugia.
«Sposato?»
«Solo
fidanzato.»
«Mai
tradita?»
«No»
rispose Fred senza il minimo esitamento.
«Con
il pensiero?»
Fred
respirò a fondo rallentando il ritmo della conversazione. «... Sì.»
«Come
tutti, non preoccuparti»
«L’hai
mai insultata mentre scopavate?»
«Mai»
«Hai
mai nominato il suo nome» chiese Lu indicando il soffitto con il dito indice.
«Sì,
diverse volte. Quando ero sotto pressione o veramente arrabbiato.»
«Anch’io
lo nominavo spesso e guarda dove sono adesso» poi una risata, che Fred non
riuscì a ricambiare.
«Fumi?»
«Fumavo,
poi ho smesso.»
«Sappi
che tutti quelli che sono arrivati qui hanno ripreso o iniziato, non aver più
nulla da perdere ti cambia.»
Fred
rispose con un timido sorriso.
«Tornando
al tuo ultimo lavoro, com’erano i clienti?» chiese Lu, vorace di informazioni.
«Dei
gran rompi co... insopportabili.»
«Lo
immaginavo, sai quanti di loro hanno deciso di togliersi la vita per causa tua,
o per meglio dire, a causa del tuo lavoro?»
«Qualcuno...»
Fred aveva sentito delle voci su due o tre clienti che si erano suicidati, ma
non poteva sapere se altri avessero preso quella stessa decisione.
«Non
sono riusciti a sostituirti e molti tuoi clienti si sono rivolti ad altre
persone meno precise, diciamo. Fino a oggi, indirettamente, hai provocato più
di 25 suicidi.»
Fred
non sembrava molto dispiaciuto dalla notizia, forse anche quello era dato
dell’influenza di quel posto.
Lu
continuò imperterrito, «Lo trovo un notevole risultato ed è per questo che ti
ho chiamato. Alcuni miei dipendenti non sanno indurre in tentazione nemmeno una
prostituta. Credo che tu possa diventare un ottimo elemento della mia squadra.»
«Ha
detto indirettamente, forse il numero potrebbe essere stato influenzato da
altri fattori.»
«Freddy,
Freddy, fidati. Se dico una cosa è esattamente quella, io non mento» il sorriso
di Lu sembrava sinceramente malefico. «Ti vedo troppo teso, vuoi una canna? Ti
aiuterebbe.»
Lu
prese una canna dal cassetto della scrivania e l’accese.
«Si,
grazie» disse Fred, dimenticando una promessa fatta a suo tempo.
Lu
gli passò la canna con un ghigno, più che un sorriso, in volto.
Fred
cercò di prenderla, ma non riuscì a chiudere le dita della mano sinistra
facendola cadere, la raccolse con l’altra.
Lu
gli guardò il polso. Già sapeva cosa era successo.
«Taglio
profondo, con cosa te lo sei fatto?»
«Con
un pezzo di vetro.»
«Devi
stare attento, se vai troppo in fondo recidi i tendini e non riesci più a
muovere le mani.» Lu si allungò sulla scrivania e strinse la sua mano tatuata
sul polso ferito. Fred notò che lo strano tatuaggio non era solo su mani e
piedi, ma cercava di sbucare anche da sotto la camicia bianca e arrampicarsi
sul collo.
Quando
Lu tolse la mano, la ferita era scomparsa.
«Le
anime come le tua di solito finiscono al piano appena sopra, e dopo qualche
secolo di pentimento hanno la salvezza, invece tu hai preferito suicidarti,
condannandoti qui per l’eternità. Vorresti tornare indietro sulle tue ultime
decisioni, Freddy?»
«Nessun
rimpianto. Questo è il mio credo» rispose Fred senza alcuna esitazione.
«Magnifico!»
Lu scattò in piedi, preso dall’euforia. «Nei tuoi occhi vedo la tua
risolutezza, riesco quasi a fiutarla e mi piace, tu mi piaci.» Tornò a sedersi,
ritrovando la calma.
«Purtroppo
però anch’io, come tutti qui, sono vincolato alle regole» il tono si fece
quieto, «solo lui ha il potere di farti resuscitare. Però, fortunatamente per
te, ho deciso personalmente la tua punizione, invece di assegnartene una
d’ufficio come le solite: squartamenti, decapitazioni, lapidazioni, torture,
ingozzamenti, stupri eccetera.»
«Le
sono riconoscente» disse Fred abbassando nuovamente il capo.
Lu
continuò con il suo piccolo monologo, «ormai perfino i miei ragazzi si sono
stancati di punirvi, abbiamo deciso quindi di far rientrare quest’incombenza
tra le punizioni assegnabili, e con profondo piacere ho scoperto che sono le
più difficili da sostenere per voi. Un’ottimizzazione del lavoro suggerita
proprio da un consulente umano.»
«Sono
d’accordo con lei, siamo molto bravi a farci del male da soli» disse Fred,
senza un doppio fine.
Lu
scoppiò a ridere. «Mi piace il tuo sarcasmo, ideale per il compito che ti ho
assegnato: responsabile dell’ufficio lamentele, girone dei lussuriosi. Se
dimostrerai quanto vali chi dice che tu non possa avanzare velocemente nella
nostra gerarchia.»
«Le
prometto che farò del mio meglio» rispose Fred, orgoglioso del suo nuovo
incarico.
«Ci
conto. Puoi andare e tieni pure la canna. Se ti serve altro, chiedi pure.»
Piacevole, magari un pò un "clichè" dell'ultimo ventennio, ma sempre molto piacevole.
RispondiEliminaMi sarei aspettato una pena più "dura" (tipo "sei un suicida, condannato a vivere in eterno"), ma anche l'ufficio lamentele non è affatto male :)
Complimenti