di Bruno Corino
Si narra che, in un antico villaggio, sconosciuto
agli uomini ma non agli dei, un giorno il Maestro sciamano chiamò a sé il
piccolo Kinhut. Era giunta l’ora che Kinhut parlasse con lo Spirito della
Foresta.
I due, all’alba di un tiepido mattino, in
silenzio, si misero in marcia. Giunti in cima a una verdeggiante collina, una
nebbia fitta cominciò ad alzarsi.
Nella quiete più assoluta, sentirono una voce
levarsi: «Parla lo Spirito della Foresta. Ascoltate. Sono quattro elementi
contro i quali devo quotidianamente lottare per sopravvivere: il fuoco,
l’acqua, il vento e la terra. Contro la potenza del fuoco non ho difese; il
fuoco è il mio implacabile nemico! Nella mia esperienza secolare, ho sempre
temuto il fuoco; soltanto quando arriva, all’improvviso, una pioggia
torrenziale, posso tirare un respiro di sollievo, se nel frattempo il fuoco non
ha completamente lambito le mie radici o le mie fronde. Impara, piccolo Kinhut,
ad osservare il corso della natura e, se lo rispetterai nel profondo della sua
genesi e del suo sviluppo, acquisterai una saggezza che nessuna lingua umana
potrà mai insegnarti!».
Camminando, camminando, si trovarono di fronte
allo Spirito secolare di una Quercia, la quale cominciò a dire: «Osserva,
piccolo Kinhut, la mia arte: tutta la mia potenza proviene dalla terra. Ho un
tronco frondoso e maestoso. Le mie radici penetrano nelle profonde viscere
della Terra. Da questo terreno, talvolta secco, talvolta arido, so trarre tutta
la linfa vitale per nutrire i miei rami. La forza e la potenza delle mie
profonde radici mi danno un senso di grande stabilità e di fermezza. Non c’è
forza di vento che possa scuotermi e piegarmi. Non c’è pioggia che possa
percuotermi. I miei rami generosi accolgono nidi e ripari per quei piccoli
animaletti che vivono smarriti nel mio maestoso tronco screpolato.
La mia ombra
diventa un riparo per tutte quelle piccole creature che temono la potenza del
sole e dà ristoro al terreno che mi circonda. Così devi essere tu, piccolo
Kinhut: le radici della tua fede e delle tue credenze devono affondare nel
terreno, e alimentarsi di tutto ciò che la Terra offre. Impara da me a non
lasciarti travolgere dalla aridità del terreno, a non disperare per il senso
sterile delle cose, cerca in esse il loro senso remoto, supera il senso riarso
delle cose, sii saldo nei tuoi principi e nelle tue fondamenta, resta tetragono
nonostante le avversità della vita, e, soprattutto, sii generoso con coloro che
vengono a contatto con te. Impara a proiettare le tue ombre o le tue immagini
intorno a te e dai ristoro a chi sosta sotto il tuo maestoso manto».
Dopo aver parlato con lo Spirito della vecchia
Quercia, i due viandanti si trovarono al cospetto di un bellissimo Pioppo, il
quale cominciò a dire: «Impara, piccolo Kinhut, dalla mia arte di sopravvivere,
e osserva la mia forma. Sono un albero che cresce lungo le rive dei
fiumiciattoli; ho un tronco poroso, leggero e affusolato, so elevarsi in alto,
e avere alti ideali, a volte tocco la punta del cielo. Ho un profilo filiforme,
ironico, ma sagace. Impara a conoscere la mia secolare pazienza: non temere,
piccolo Kinhut, la burrasca; fai scorrere l’acqua sotto le sue radici; non
lasciare che essa ristagni e danneggi la tua vita; è quello scorrere incessante
ad alimentare la mia via. L’acqua è il mio nemico ma anche la mia forza, ed è
con questa forza che sono riuscito a convivere nei millenni: la temo, ma allo
stesso tempo la domina. Così devi essere, piccolo Kinhut: leggero, proteso
verso alti ideali, paziente, e non timoroso del divenire. Lascia che il tempo
scorra sotto le tue radici, non lasciare che i ricordi ristagnino nella tua
memoria. Il tempo deve essere la tua forza. Perciò, impara a saper attendere la
piena e la siccità, l’abbondanza e la scarsità, a vivere il pieno e il vuoto,
la presenza e l’assenza. Impara tutto questo osservando attentamente e con
pazienza questo antico maestro».
Scosso da questo nuovo insegnamento, il piccolo
Kinhut con suo Maestro proseguì il cammino sino ad arrivare ai piedi di uno
splendido Cipresso, il quale cominciò a dire: «Molto potrà insegnarti, piccolo
Kinhut, la mia straordinaria saggezza, che da tempi immemorabili conosce la
forza dei venti: i miei rami si assottigliano nella crescita e si stringono al
tronco per renderlo ancora più forte. Possiedo un tronco flessibile, ma
robusto; so andare nel profondo del terreno, ma allo stesso tempo so
proiettarmi verso l’alto. So trarre il mio alimento dalla forza dei venti,
poiché so che sono essi a farmi crescere in armonia con la natura. Senza la
loro quotidiana carezza, crescerei storto e senza direzione. Sono dunque i
venti che mi sanno stimolare nel modo giusto, e darmi la forza per crescere in
proporzione. Ma il mio corpo sa lottare contro gli eccessi di questa forza, sa
come evitarli senza esserne travolto. Sii anche tu, piccolo Kinhut, ambivalente
come il cipresso quando ricevi la forza degli stimoli, non lasciarti travolgere
da questo eccesso, e impara a vivere con questa forza, impara soprattutto a
capire quanto gli stimoli siano indispensabili alla tua crescita e alla tua
armonia, impara a conoscere la grazia con la quale so affrontare la forza dei
venti, a non lasciare ai tuoi tormenti di consumarti a poco a poco.
Assottigliati, dunque, quando la bufera degli stimoli scuota le tue membra,
accogli invece i suoi soffi quando arrivano leggeri sul tuo corpo. Impara a
capire che soltanto un tronco robusto e flessibile come il mio può affrontare
gli eccessi del vento».
Dopo aver ascoltato lo Spirito del Cipresso, il
Maestro disse al piccolo Kinhut: «E così, piccolo Kinhut, impara anche tu a
lottare contro i tuoi nemici, a convertirli, come insegna lo Spirito della
Foresta, in forze vitali: combatti il senso arido della vita, il divenire del
tempo e l’eccesso di stimoli. Ora sai anche tu, piccolo Kinhut, che contro il
fuoco della morte non hai difese, ma osserva come gli alberi hanno imparato a
lottare contro il senso della morte: impara, dunque, cosa vuol dire rinascere,
impara infine a vivere nell’eterno. Ecco perché ti dico: lunga vita a te,
piccolo Kinhut, alla Natura e alla sua infinita Potenza».
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