“ Ognuno di noi custodisce in sé, come nocciolo del suo essere, una unicità creativa; qualora diventi consapevole di questa unicità, allora comincia ad emanare un particolare fulgore inconsueto, lo splendore di ciò che è insolito.
Per i più è qualche cosa di insopportabile: poiché come abbiamo detto essi sono pigri e a quella unicità è connessa una catena di fatiche e di pesi. Non vi è dubbio che, per chi è insolito e si grava di questa catena, la vita perde quasi tutto ciò che è l'oggetto dei desideri nella giovinezza: serenità, sicurezza, levità, onore; la sorte dell'isolamento è il regalo che gli fanno gli altri uomini; il deserto e la caverna sono immediatamente lì, dovunque egli viva.
Allora badi di non lasciarsi soggiogare, di non abbattersi e diventare melanconico. E perciò si circondi delle immagini di buoni e coraggiosi combattenti, quale Schopenhauer stesso era.”
Friedrich Nietzsche, Schopenhauer come educatore.
I
Il Moscone ripensava a quel passo letto nell’autobiografia di Stephen King “On writing: autobiografia di un mestiere”, tanti anni fa:
“Quando scrivete, volete pur liberarvi del mondo, non è vero? È ovvio. Quando state scrivendo, state creando i vostri mondi.
Direi che stiamo parlando in realtà di sonno creativo. Come la vostra camera da letto, quella in cui scrivete deve garantire il massimo di privacy, un luogo dove andare a sognare. La disciplina nell'orario: inizio più o meno sempre alla stessa ora e fine quando avete messo sulla carta o su un dischetto le vostre mille parole serve ad abituarvi, a prepararvi a sognare proprio come vi preparate a dormire quando vi coricate più o meno alla stessa ora tutte le sere e dopo aver ripetuto sempre più o meno le medesime operazioni. Nello scrivere e nel dormire impariamo a interrompere le attività fisiche mentre al contempo incoraggiamo la mente a staccarsi dalla routine intellettuale del nostro vivere quotidiano. E come la mente e il corpo si abituano a un certo quantitativo di sonno, diciamo sei, sette, forse le otto ore raccomandate per ogni notte, così da svegli si può addestrare la mente a dormire in modo creativo e a sviluppare quei sogni a occhi aperti le cui vivide immagini sono ottime opere di fiction.”
Rileggeva quelle frasi (davvero fatidiche, direbbe King), presenti in una nuova traduzione del libro e ripensava alla sua decisione compiuta allora.
In mano aveva le proposte di pubblicazione di diverse aziende editoriali a pagamento, quando scattò la ribellione:
«Perché devo pagare per scrivere? Scrivo per vivere e non il contrario!»
Il modo come King organizzava la sua giornata per stimolare quel “sonno creativo” faceva capire che era quello il valore fondamentale, la ricerca di un vivere di qualità e non i soldi e il successo.
In un altro punto cruciale del libro il buon Re lo dice in modo esplicito:
“Comincia così: sistemate la vostra scrivania nell'angolo e tutte le volte che vi sedete lì a scrivere, ricordate a voi stessi perché non è al centro della stanza. La vita non è un supporto per l'arte. È il contrario.”
Fu proprio dove aver letto quei due periodi supremi che finì la carriera di aspirante scrittore professionista di Mauro Banfi e nacque il Moscone.
Mauro spostò la scrivania dal centro della sua “camera dove sognare” in un angolo.
Poi prese dall’armadio una giacca di pelle nera, recuperò un cappellino da baseball e un paio di occhiali neri e si diresse verso lo specchio vicino.
E si mise a ridere fragorosamente: ahahahahahha!
Era libero. Ed è ancora libero adesso.
Della nostra vita dobbiamo rispondere unicamente a noi stessi.
Non ci sono né crediti né debiti: ognuno sceglie la sua via e la percorre fino in fondo.
Ah, quella del Mosco era bellissima! Ecco, organizzava la sua giornata tipo, in funzione della “camera per sognare” (lavoro permettendo):
Da mezzanotte alle sette: rilassarsi e addormentarsi, sonno e sogni.
Dalle sette alle otto: il risveglio, toilette ed esercizi yoga.
Ore otto: la prima colazione.
Dalle nove alle diciotto (talvolta un po’ dopo): la vita creativa, lavorativa e sportiva e un frugale pasto verso le dodici.
Dalle diciotto alle ventuno: adesso ceniamo e ci rilassiamo.
Dalle ventidue alle ventiquattro: alle prese con la digestione e il secondo cervello dell’intestino.
Dalle ventuno alle ventiquattro: la vita affettiva.
II
Impegni di lavoro permettendo, la scrittura creativa serve a suddividere la giornata in modo creativo e vitale, a scandire i ritmi di veglia e di riposo, di attività e di studio o contemplazione.
Serve per organizzare e raccontare la storia di ogni nostra giornata.
L’arte non può cambiare il mondo ma può aiutare a non farci cambiare dal mondo.
Ah, dimenticavo, tenete la porta chiusa, quando sognate e cercate di essere voi stessi: eccovi l’ultimo suggerimento di King per non farvi fottere dal mondo (così come prima ci ha fatto capire come non farci fottere dall’arte e dalla scrittura. Non sembra, ma trovo carino il non farci fottere controvoglia):
“La porta chiusa è il vostro modo per comunicare al mondo e a voi stessi che fate sul serio; vi siete impegnati a scrivere senza mezzi termini e intendete andare fino in fondo.
Nel momento in cui entrate nel vostro nuovo luogo di scrittura e chiudete la porta, dovete aver stabilito un traguardo quotidiano da raggiungere. Come per l'esercizio fisico, per cominciare conviene proporsi un obiettivo modesto, per non lasciarsi scoraggiare.
Ma avete bisogno della stanza, avete bisogno della porta e avete bisogno della risolutezza a tenerla chiusa. E avete bisogno anche di un obiettivo concreto. Più vi atterrete a questi punti fondamentali, più facile diventerà l'atto di scrivere. Non attendete «la Musa». Vi ho detto che è un tipo dalla testa dura, che non si lascia commuovere dalle tergiversazioni creative. Qui non si sta discutendo della tavoletta Ouija o del mondo degli spiriti, bensì di un mestiere fra tanti, come posare tubi o guidare Tir. Il vostro compito è far sì che «la Musa» sappia dove sarete tutti i giorni dalle nove o sette che siano fino alle tre. Se lo sa, vi assicuro che presto o tardi comincerà a venirvi a trovare, masticando il suo sigaro ed elargendo la sua magia.”
A poco a poco, praticando questo rituale quotidiano, il Moscone ha compreso qual è la mancanza veramente fondamentale della nostra istruzione ed educazione sociale al rampantismo e al consumismo: nessuno impara, nessuno aspira, nessuno insegna a convivere con la solitudine del sonno creativo personale.
Eppure solo lì troverete la vera, pura gioia, da condividere con gli altri esseri umani.
“Scrivo perché mi appaga. Sarà servito anche a pagare il mutuo e a far andare i ragazzi all'università, ma queste sono conseguenze: ho scritto per il piacere di scrivere, per la gioia pura che ne ricavo. E se potete farlo per il piacere, potete farlo per sempre.
Ci sono stati tempi in cui per me l'atto di scrivere era un piccolo atto di fede, uno sputo nell'occhio della disperazione.”
Abbiate gioia, parola del Moscone.
APPENDICE:
Come è fatta la “camera per sognare” del Moscone?
Ci sono tanti libri, mappe, manuali e faldoni, dappertutto, ma soprattutto, la scrivania sta in un angolo. Al centro della camera sta una cyclette, per i giorni di maltempo.
C’è una chitarra e c’è un poster di Hermann Hesse preso in Svizzera, nel Canton Ticino, a Montagnola, che raffigura il grande mago Klingsor intento a scrivere sulla sua scrivania, leggendaria, di Casa Camuzzi.
Fuori, da un’ampia finestra esplode la sua natura acquarellata.
Chi meglio di Hesse ha saputo scrivere per vivere?
C’è un divanetto, con davanti il computer, dove il Moscone di buon mattino intona il suo inno personale, con il quale si giura eterna fedeltà:
“Lascia ch'io pianga”: una celebre aria per soprano composta da Georg Friedrich Händel, il testo è del librettista Giacomo Rossi.
“Lascia ch'io pianga
mia cruda sorte,
e che sospiri
la libertà.
E che sospiri, e che sospiri: la libertà!”
NOTE DELL'AUTORE
RispondiEliminaQuesto saggio è collegato con questa introduzione umoristica:
http://www.neteditor.it/content/240038/il-vangelo-secondo-il-grande-mauro-moscowski
Le citazioni di Stephen King sono tratte dalla sua opera:
“On writing: autobiografia di un mestiere”.
Due le edizioni consultate: quella edita dalla Sperling & Kupfer per la traduzione di Tullio Dobner e quella della Frassinelli tradotta da Giovanni Arduino, corredata da una splendida introduzione di Loredana Lipperini.
Questo è un libro atipico ma fondamentale di King, uno scritto ricolmo di onestà intellettuale, come va di moda dire oggi.
Soprattutto perché Steve non ci piglia per il deretano con il solito “prontuario per lo scrittore” del fallo, pieno di ricette facili quanto miserabili, dove l’unico a guadagnarci è chi l’ha astutamente scritto.
Il Re, tra le righe, ma pane al pane, vino al vino ci avverte:
«guardate che a me è andata di lusso, se volete campare con la scrittura finirete per fare i morti di fame.
Scrivere per la gioia, per organizzare la creatività dentro la storia di ogni vostra giornata, sarebbe più saggio…»
Nel lasciarvi ai “vostri piccoli atti di fede, ai vostri sputi negli occhi della disperazione” mi piace chiedervi: quali sono i vostri rituali quotidiani per stimolare la creatività? Come organizzate la vostra giornata per cercare la gioia e la vita con l’arte o il lavoro?
Abbiate gioia e vita e libertà e giuratevi sempre fedeltà.
Lo scritto è stato composto per celebrare il decennale dell'invenzione del personaggio del Moscone. Quanti del!
RispondiElimina