a chi resta in Italia e non scappa
Fabre Francois Xavier - Vittorio Alfieri e la contessa d'Albany
Il nuovo anno comincia con la notizia della grande fuga dei giovani italiani all'estero: qualcosa come il 34% in più negli ultimi due anni.
In buona sostanza, hanno preso la via dell'estero 3,3 giovani ogni mille abitanti.
Naturalmente, non c’è niente da stupirsi.
Il mercato del lavoro in Italia è un Far West alla Tarantino e la politica interna dell’ultimo governo, non eletto dalla sovranità del popolo, fa acqua da tutte le parti.
Centri dell’impiego totalmente inutili, cooperative e aziende interinali che sono diventate nuove potentissime società segrete che fanno schiavi e schiave a piacimento, soggetti al loro bello e cattivo tempo.
Ma quello che è peggio è che viviamo in un MalPaese (per quanto bellissimo, ahimè!) di “nipoti e cognati”, come diceva Flaiano.
Una Repubblica dove la meritocrazia non esiste.
La conosciamo bene la verità: se non vieni alla luce in una culla di noce foderata di velluto rosso e con le maniglie in oro zecchino non emergerai mai in nessun ambito creativo e produttivo.
Avere una mente fertile e una gran voglia di creare e lavorare è assai meno importante che avere uno zio vescovo o un cugino portaborse di un sottosegretario.
E’ normale che chi non ha santi in paradiso e fanti compiacenti nella scassata Repubblica fa le valigie.
Per creare e sviluppare dei progetti occorrono impegno e perseveranza, che hanno bisogno di entusiasmo vitale: e che entusiasmo vitale può avere una ragazza o un ragazzo nel constatare che i giochi sono fatti e che i posti alla tavola imbandita della realizzazione sono riservati sempre agli stessi?
In buona sostanza, hanno preso la via dell'estero 3,3 giovani ogni mille abitanti.
Naturalmente, non c’è niente da stupirsi.
Il mercato del lavoro in Italia è un Far West alla Tarantino e la politica interna dell’ultimo governo, non eletto dalla sovranità del popolo, fa acqua da tutte le parti.
Centri dell’impiego totalmente inutili, cooperative e aziende interinali che sono diventate nuove potentissime società segrete che fanno schiavi e schiave a piacimento, soggetti al loro bello e cattivo tempo.
Ma quello che è peggio è che viviamo in un MalPaese (per quanto bellissimo, ahimè!) di “nipoti e cognati”, come diceva Flaiano.
Una Repubblica dove la meritocrazia non esiste.
La conosciamo bene la verità: se non vieni alla luce in una culla di noce foderata di velluto rosso e con le maniglie in oro zecchino non emergerai mai in nessun ambito creativo e produttivo.
Avere una mente fertile e una gran voglia di creare e lavorare è assai meno importante che avere uno zio vescovo o un cugino portaborse di un sottosegretario.
E’ normale che chi non ha santi in paradiso e fanti compiacenti nella scassata Repubblica fa le valigie.
Per creare e sviluppare dei progetti occorrono impegno e perseveranza, che hanno bisogno di entusiasmo vitale: e che entusiasmo vitale può avere una ragazza o un ragazzo nel constatare che i giochi sono fatti e che i posti alla tavola imbandita della realizzazione sono riservati sempre agli stessi?
Ragazze e ragazzi, voi fate quello che volete, ci mancherebbe, ma io voglio parlarvi di Vittorio Alfieri.
Nel gennaio del 1774, questo giovanotto astigiano di belle speranze, rientrato in Piemonte dopo un lungo viaggio europeo, dovendo badare alla nuova amante gravemente ammalata, per riempire le sue lunghe giornate di novello infermiere si mise a scribacchiare qualche foglio di una tragedia o di una commedia, non capiva bene nemmeno lui che genere fosse (ispirati dalla lettura di Plutarco).
Comprese quanto era vasta la sua ignoranza in materia e che bisognava lavorare d’impegno e aggiungervi una buona dose di grinta per arrivare a finire l’opera.
Ignorante com’era, doveva assolutamente studiare i vari Eschilo, Sofocle ed Euripide e passare molto tempo con la testa china su quei libri accantonati per i suoi piacevoli viaggi nel Vecchio Continente.
E inoltre avrebbe dovuto anche leggere e studiare e annotare quaderni su quaderni per comprendere Dante, Petrarca, Boccaccio, Ariosto e Tasso per migliorare l’uso della lingua madre.
Per recuperare il tempo perduto si sottopose a una sorta di autoregime carcerario.
Si chiuse in casa con un baule di libri e arrivò addirittura a legarsi con una corda alla sedia, pur di rimanere seduto davanti alla scrivania.
Davanti a lui era scritto il motto: “volli, sempre volli, fortissimamente volli”.
Vennero in seguito creati dei capolavori come il Saul e la Mirra.
Comprese quanto era vasta la sua ignoranza in materia e che bisognava lavorare d’impegno e aggiungervi una buona dose di grinta per arrivare a finire l’opera.
Ignorante com’era, doveva assolutamente studiare i vari Eschilo, Sofocle ed Euripide e passare molto tempo con la testa china su quei libri accantonati per i suoi piacevoli viaggi nel Vecchio Continente.
E inoltre avrebbe dovuto anche leggere e studiare e annotare quaderni su quaderni per comprendere Dante, Petrarca, Boccaccio, Ariosto e Tasso per migliorare l’uso della lingua madre.
Per recuperare il tempo perduto si sottopose a una sorta di autoregime carcerario.
Si chiuse in casa con un baule di libri e arrivò addirittura a legarsi con una corda alla sedia, pur di rimanere seduto davanti alla scrivania.
Davanti a lui era scritto il motto: “volli, sempre volli, fortissimamente volli”.
Vennero in seguito creati dei capolavori come il Saul e la Mirra.
Lo so, ragazze ragazzi, voi siete atterriti dall’arretratezza culturale di una PseudoRepubblica dove Fabio Volo è il primo in classifica nelle vendite librarie, Checco Zalone in quella dei film e dove tonnellate di immondizia culturale viene mitragliata tutti i santi giorni dai vari video catodici e informatici.
Lo so, ma anche scappare con la coda tra le gambe all’estero sa tanto di esilio più che di legittimo viaggio conoscitivo.
Vi mostro un’altra via, un’altra prospettiva: quella di Alfieri.
L’entusiasmo che ci deve spingere non deve essere innescato dalla visione di un traguardo utilizzabile in contanti.
La spinta al cambiamento, al miglioramento, all’azione deve essere determinata dall’azione stessa.
La ricompensa, infatti, non è il risultato (questo è quello che cercano quelli con lo zio monsignore e il cugino portaborse), ma l’azione stessa che compiamo per cercare di raggiungerlo.
E che dovrebbe bastare a farci sentire realizzati.
Lo so, ma anche scappare con la coda tra le gambe all’estero sa tanto di esilio più che di legittimo viaggio conoscitivo.
Vi mostro un’altra via, un’altra prospettiva: quella di Alfieri.
L’entusiasmo che ci deve spingere non deve essere innescato dalla visione di un traguardo utilizzabile in contanti.
La spinta al cambiamento, al miglioramento, all’azione deve essere determinata dall’azione stessa.
La ricompensa, infatti, non è il risultato (questo è quello che cercano quelli con lo zio monsignore e il cugino portaborse), ma l’azione stessa che compiamo per cercare di raggiungerlo.
E che dovrebbe bastare a farci sentire realizzati.
Nessuno di noi ha scelto in quale famiglia nascere e neppure poteva sapere se tra i famigli c’era un vescovo o un portaborse.
Ma è fuori di dubbio che ognuno di noi possiede delle doti che deve prima scoprire e poi valorizzare.
Per scoprirle bisogna evitare come la peste la sottocultura (del Volismo e dello Zalonismo e del consumismo subculturale televisivo, retaggio dal ventennio berlusconiano del vuoto a perdere neuronale) e legarsi a quella sedia per studiare i classici e sopratutto per smetterla di scappare come codardi.
Una volta irrobustiti e autonomi bisogna valorizzarle unendosi ad altre persone che si sono legate a quella sedia.
Ed entrare in azione insieme, una volta cambiati noi stessi, per cambiare il nostro assurdo, ingiusto, classista, complicato ma bellissimo MalPaese.
Con la speranza che i nostri sforzi congiunti lo trasformino in una Repubblica degna di quel nome.
Ma è fuori di dubbio che ognuno di noi possiede delle doti che deve prima scoprire e poi valorizzare.
Per scoprirle bisogna evitare come la peste la sottocultura (del Volismo e dello Zalonismo e del consumismo subculturale televisivo, retaggio dal ventennio berlusconiano del vuoto a perdere neuronale) e legarsi a quella sedia per studiare i classici e sopratutto per smetterla di scappare come codardi.
Una volta irrobustiti e autonomi bisogna valorizzarle unendosi ad altre persone che si sono legate a quella sedia.
Ed entrare in azione insieme, una volta cambiati noi stessi, per cambiare il nostro assurdo, ingiusto, classista, complicato ma bellissimo MalPaese.
Con la speranza che i nostri sforzi congiunti lo trasformino in una Repubblica degna di quel nome.
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