22/10/15

MIRDIN(4): epilogo: IL GRIDO DI MIRDIN


                 
“ I druidi, uomini di intelletto più elevato, e uniti all’intima confraternita dei seguaci di Pitagora, erano immersi in indagini su cose segrete e sublimi, e senza curarsi degli affari umani, dichiaravano che le anime sono immortali”.
Ammiano Marcellino       
     
 
 IL GRIDO DI MIRDIN
Nell’antica foresta di Brocelandia, nella piccola Bretagna, sulla cima di una collina, c’era una sorgente circondata da noccioli, equiseti, e da elevati e frondosi cespugli di biancospino.
Vicino alla fontana, campeggiava un cartello, recante la scritta, dipinta in caratteri azzurro turchese e verde smeraldo: “ Chi beve questa pura acqua, rientra in se stesso”.
In mezzo al piccolo altipiano, svettava il Nemeton, dimora di Mirdin l’incantatore: il consigliere di Re, Principi e guerrieri.


                     
Intorno alla piccola rocca di pietra, conosciuta ora come l’Esplumoir, il luogo della mutazione, il Mago aveva appeso a quattro enormi querce, dai rami che s’innalzavano fino al cielo, delle Arpe Eolie.
Queste sono strumenti a corda che, se sfiorati dal vento, o dai passi d’inopportuni visitatori non animati da buone intenzioni, emettono strane armonie, dette dal mago “Melodie d’avvertimento”.
Mirdin stava seduto nella Stanza Segreta dell’Alta Torre e contemplava dall’alto la massa di vegetazione della Foresta Azzardata, i giochi e le corse fulminee dei cinghiali, delle volpi, dei falchi e d’altre bestie selvatiche.
Da quella piccola finestra, ascoltava la sua Voce interiore che gli era stata restituita dall’acqua della fontana e dalle cure di Roisin, la sua apprendista.
Ascoltando la sua unica Voce, osservava dalla finestra e nei lucenti riflessi di un pesante cristallo, posto sul suo tavolo di quercia, i segnali del Cosmo divino e del mondo, il nostro microcosmo devastato e insanguinato.
                            
Cominciò a sfogliare il Libro Nuovo, posto su un leggio, accanto al tavolo.
“A che serve conquistare il mondo intero, se poi perdi la tua anima?”.
Poi prese a ridere con tutta l’aria dei suoi polmoni, e la lunga barba brizzolata ondeggiava su e giù, qua e là, tra le pareti di roccia della Stanza Segreta del Nemeton.
                                        
Sotto l’Alta Torre, Roisin, la donna amata da Merlino , voleva d ogni costo
impadronirsi degli ultimi segreti della magia viola e dei cristalli spaziotemporali: stava per operare un potente incantesimo.
La sera prima gli aveva chiesto, appena finito di fare all’amore, con ardente passione, a malapena confinata nei suoi eleganti e magnetici occhi verdi:
« insegnami come, senza catene né sbarre d’acciaio, io possa imprigionare un uomo, unicamente con la magia e in modo tale che non possa mai fuggirmi, se non decido IO di liberarlo.»
«Questa è magia rossa, Roisin, sai quanto sia pericolosa.
Ma dopo questi secoli non me la sento più di negarti le mie ultime conoscenze»
Quanto tempo era passato dall’orrore di Alesia?
Quanti letarghi, quante pozioni della longevità, quanti viaggi nella quarta dimensione.
Lexy era ancora la segreta Gutuater della foresta degli antichi Carnuti, la maga Invisibile.
Lui e Roisin lo erano della foresta di Brocelandie, ma niente dura in eterno, solo la terra e le montagne.
Era tempo per Mirdin di passare oltre e Roisin sarebbe stata la sua erede.
Veniva l’era della triplice Dea Bianca ed era tempo di passare il bastone della magia alle donne.
Quell’inverno non sarebbe andato in letargo, e non avrebbe bevuto la pozione di equiseto.
Era tempo di divenire.
Non aveva paura: aveva sempre saputo, fin da bambino, di essere solo un filo del Grande Ordito del Cosmo.
Era sempre stato più coraggioso del più feroce guerriero arverno.
Non apparteneva a se stesso ma a Lui, all’Oltre il Contesto dell’Ego.
In seguito alle sue istruzioni, Roisin piantò intorno al perimetro della Torre, una fitta ed elevata siepe di biancospino.

                      
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   BIANCOSPINO

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