02/02/15

LAPIS EXILIS (La cercatrice/raccoglitrice)

di Mauro Banfi


“Ciascun sasso la sua forma
ciascuna forma il suo peso
ciascun peso il suo valore
nel mio giardino mentre li cavo
per le semine di primavera,
e dico, tirandoli fuori uno alla volta,
C’è gioia qui
a poter maneggiare
così tante differenze
ricche di senso.”
Each stone, David Ignatow
I


Qualcosa era caduto dal cielo nel bosco di Mezzanone.
Un giorno  era arrivata dallo spazio profondo una lunga scia bianca che aveva prodotto una successione di esplosioni in aria, e una colonna di fumo in una radura del bosco.
La zona venne subito isolata da un cordone di sicurezza governativo, in cui tuttavia ben presto gli stessi militari e gli scienziati non osavano più spingersi.
Si vociferava che essa, la Zona, (così era stata ribattezzata, con la Zeta maiuscola, dai mass-media e dagli abitanti del luogo) contenesse una misteriosa pietra di materiale extraterrestre.
Si raccontava che il minerale venuto dallo spazio potesse indurre in chi si avvicinava deliri maniacali e visioni psichedeliche.
Il primo a trovarla, un mountain biker, era ora ricoverato nel reparto psichiatrico di un vicino ospedale perché credeva di essere un tricheco paranoico, perseguitato e cacciato da alcune fantomatiche “teste d’uovo”.



In base a questo ed altri inquietanti episodi, l’accesso a quel territorio misterioso e pericoloso venne proibito dalle autorità, dopo averlo fatto evacuare da ogni presenza umana. 
Demetra abitava nei pressi della Zona.
C’era una porticina nel suo giardino che dava su un sentiero del bosco di Mezzanone.
Il Sindaco tentò di farla evacuare dalla sua casa, ma il suo avvocato rigettò l’istanza di sfratto temporaneo, in quanto la sua abitazione era oltre il confine di sicurezza.
Demetra era una giovane ragazza, esile e dai lunghi capelli corvini, iscritta alla facoltà di Agraria.
Nel tempo libero amava andare in bicicletta nel vicino Parco del Ticino e soprattutto dedicarsi alla sua grande passione: cercare e raccogliere erbe e frutti spontanei stagionali della terra.
Era inoltre un’apprezzata guida e spesso veniva ingaggiata per condurre le scolaresche a visitare gli animali del Parco.


Demetra era seduta al grande tavolo del suo laboratorio, e stava trattando le erbacce commestibili che aveva raccolto quella mattina.
Lavò le foglie di ortica per metterle a cuocere. Poi le mise in acqua ghiacciata, protetta dai guanti in lattice, in soluzione prima della bollitura,  e subito dopo cominciò a mondare un bel cespo di tarassaco, detto dente di leone, da fare in insalata.


Mentre lavorava guardò la scritta in latino sul muro, dipinta in oro e argento da sua nonna, la famosa Nonna Gatta, la Stria del Mezzanone, com’era ancora ricordata in paese.
“Solve et coagula”.


«Dissolvi e coagula Demetra: questo è il fondamento della nostra arte».
Quella magica nonna dai lunghi e candidi capelli bianchi sembrava essere ancora vicina a lei, mentre le insegnava le sue conoscenze.
Era nel suo cuore, era ancora più viva di prima.
«Tutto ciò che è duro e urticante va dissolto con il calore e con l’acqua, e tutto ciò che è acquoso, fluttuante, caotico e vaporoso va addensato, indurito, fissato e ridotto.
Non mettere a bollire una sostanza coriacea se prima non l’hai tagliata a tocchi; non puoi ottenere un’evaporazione o una distillazione se non hai alzato la fiamma; esistono diversi tipi di fuoco per differenti modi di cottura; non puoi coagulare un ottimo minestrone se prima gli elementi primi non si sono dissolti in una fusione appassionata.
Questo vale anche per il rapporto con gli uomini, Demetra.
Ricorda: ci sono erbe tossiche ed erbe mediche e a seconda del dosaggio la stessa erba può essere farmaco e veleno. Così vale anche per i signori maschi che allietano e terrorizzano le nostre vite da secoli.
L’amore? Certo, Demetra, è bello come il sole, ma è anche qualcosa che muta rapidamente e che si può fingere. Riconoscerai l’uomo della tua vita dal rispetto che avrà della tua curiosità.
I maschi hanno sempre avuto paura della nostra curiosità. Da secoli sbugiardano la nostra madre Eva con quella fandonia della mela e del serpente.
E quando hanno paura di noi tendono a renderci le loro serve. Non permetterlo mai, bambina mia. Sii sempre libera: sii sempre curiosa.»


Gli occhi di Demetra si erano velati di lacrime, ricordava quel giorno in cui Nonna Gatta le donò il suo cestino per raccogliere i frutti e le erbe della terra:
«Bambina mia, da oggi sei una donna.»
Ricordava: la nonna si portò alle sue spalle, le prese delicatamente la testa e la girò verso il bosco:
«Guarda Demetra!Da oggi sei una cercatrice, sei una figlia della grande Dea della terra. Ricordati: per ogni dono che la Madre ti farà tu dovrai restituirle qualcosa; per ogni energia che Le prenderai tu dovrai ricambiarLa.
Si sta compiendo il mio tempo: presto sarò nel suo seno e nel suo grembo e tutto andrà a meraviglia. Siamo tutti parti di qualcosa di più grande.
Rinascerò nelle tue lacrime e nella tua gioia.
Prima di tornare alla Madre voglio insegnarti il segreto della forza:  i veri  esseri umani sono quelli indifesi come bambini, perché la debolezza è potenza, e la forza è niente.
Quando l'uomo nasce è debole e duttile, quando muore è forte e rigido, così come l'albero: mentre cresce è tenero e flessibile, e quando è duro e secco, muore. Rigidità e forza sono compagni della morte, debolezza e flessibilità esprimono la freschezza dell'esistenza, ciò che si è irrigidito non vincerà.
Solve et coagula, figlia mia.
Il male non prevarrà e l’amore aumenterà…»
Pochi giorni dopo Nonna Gatta lasciò il suo corpo alla terra e tornò alla Madre.
Ora Demetra sorrideva.
La nonna le aveva affidato un testo da leggere al suo funerale, al momento del seppellimento.
Era il versetto 77 del vangelo segreto di Tommaso:


“Il regno di Dio è in te e attorno a te, non in edifici di legno e pietra. Spezza un pezzo di legno ed io sarò lì, alza una pietra e lì mi troverai.”
«Sii libera. Sii curiosa.»
Aveva concluso ad alta voce, terminando l’antica preghiera di quel Gesù gnostico e se n’era tornata a casa fiera, fendendo la folla di compaesani che si facevano il segno della croce.
Demetra si alzò di scatto dal tavolo:
«Sono libera, sono curiosa. Domani andrò nella Zona.»
Si asciugò le lacrime e cominciò a preparare lo zaino per andare nel bosco.
Nella sua testa riviveva un altro suggerimento di Nonna Gatta, la Dea la benedica.
«Gli occhi vedono l’essenza vera della realtà per mezzo delle lacrime del pianto e del gran ridere. Non averne mai paura, bambina, mia, ma cadici dentro.
Quello è il potere della visione profonda.»
II
Demetra dopo la dipartita della nonna aveva cominciato a raccogliere pietre, riportandole a casa dopo le sue escursioni nel Parco e i suoi viaggi.



Le aveva raccolte dai deserti, sulle montagne, dal greto del fiume Ticino o dalla spiaggia del mare e le aveva riposte sugli scaffali del laboratorio, come fossero i marmi pregiati di un Tempio.
Sassolini lisci, pezzi di granito striato o retinato, le selci, le schegge di mica, i sassi qualunque, grigi, percorsi da sottili venature e da impercettibili moti ondulatori prodotti dalle maree e dalla corrente del fiume.
Quell’irresistibile impulso a raccogliere sassi e a portarli a casa per improvvisare minimi altari sollevati nella diversa inclinazione della sua anima, aromatizzati con la sensualità dei cinque elementi, l’aveva guarita dalla malinconia per quella momentanea separazione.
Uscì dalla porticina segreta in fondo al giardino e si diresse verso il cuore della foresta, eludendo con facilità un posto di blocco governativo che impediva l’accesso dall’ampio sentiero vicino.
Demetra conosceva l’arte di avvicinarsi con cautela, rispetto e semplice gentilezza alle erbe commestibili, alle pietre, agli animali e a tutti i frutti stagionali della terra.
La natura ama nascondersi e soprattutto non vuole essere presa con la forza, e Demetra conosceva il modo per arrivare alla sua energia con pazienti giri traversi e tortuosi percorsi labirintici.


Seguendo il letto di un torrente, nascosta dai cespugli, penetrò nel cuore del bosco.
Orientandosi con l’esame della morfologie delle piante s’incamminò verso il luogo d’impatto del meteorite.
Dal suo giardino aveva scorto la colonna di fumo bianco levarsi da una macchia di antiche querce.
Sapeva come arrivarci.


Nel frattempo, sul tavolo del Ministero della Difesa arrivò la relazione di laboratorio dell'esame ottenuto con lo spettroscopio stellare, con l’analisi chimica dei minerali contenuti nella pietra venuta dalla spazio profondo:


Il Ministro si deterse il sudore dalla fronte con il fazzoletto di seta e rispose alla chiamata al cellulare:
«Buongiorno Presidente. Sì, ho letto la relazione tecnica.
Le confermo che al momento non sappiamo quale decisione prendere.
La pietra possiede un peso specifico mai riscontrato prima, come sa.
Non riusciamo a sollevarla, non riusciamo a spostarla di un centimetro.
Non si riesce a prelevarne un frammento, è inscalfibile; è possibile solo irradiarla con lo spettroscopio. Non si riesce nemmeno a stare a lungo in sua presenza.
Come le è stato riferito, già dieci scienziati sono impazziti e si credono tutti dei trichechi perseguitati dalle teste d’uovo.
In tutta sincerità Presidente, non sappiamo che cosa fare con questa Pietra.
Attendo sue indicazioni.»


Dopo tre giorni di cammino e di lunghe esplorazioni Demetra arrivò nei pressi del luogo d’impatto del corpo celeste.
Era una lanca di medie dimensioni, circondata da antiche querce rigogliose.
In mezzo al piccolo laghetto si stagliava una roccia piramidale di granito, e sopra la pietra c’era un bagliore rosso che la richiamava.
Distolse lo sguardo e vide riflessa sull’acqua l’immagine liquida e smarginata della pietra.




Poi, come le aveva insegnato Nonna Gatta s’inginocchiò e provò riconoscenza e venerazione per quel prodigio.
«Vengo a te con gentilezza e premura, Pietra, senza l’arroganza di chi vuole possederti o la presunzione di chi vuole giudicarti. Se vuoi, fammi entrare nella tua dimensione.»
In quel momento apparve la Pietra:

«Eccomi, toccami.»
Demetra accarezzò delicatamente i bordi della Pietra: erano morbidi, cerosi, oleosi, teneri come germogli di soia e come sego per candele; quel minerale era un portento, massiccio come un tronco di pino silvestre e malleabile e snodabile come il corpo guizzante di un serpente.
«Oh, Pietra, permettimi di portarti a casa mia.
Ti conserverò in un bel posticino al caldo, in una fiala di vetro o in una bella scatola damascata, all’asciutto, come faccio per lo zucchero, il sale e la farina di mais: ti terrò al riparo del freddo e dell’umidità».
«Prima ti voglio portare nella mia dimensione, Demetra.
Schiaccia la parola Barbelos, sotto la chiave dell’Anima Cosmi impressa sulla pietra. Seguimi, c’è una persona che ti aspetta…»

1 commento:

  1. Sulle note di "I am the walrus" dei Beatles, cantata in modo supremo da Bono degli U2, vado a ricordare da chi proviene molto del fluido psichico che scorre nell'alveo di questo torrente impetuoso:

    quattro potenti streghe che ho conosciuto (invoco perdono per aver rivelato qualcuno dei vostri segreti);
    i barbelognostici;
    John Lennon, the God, per "The walrus", colpo di genio assoluto della musica pop;
    Grant Morrison, another God, per il concetto di Barbelith, motore di "The invisibles";
    Didimo Giuda Tommaso, il fratello gemello di Gesù che ci ha tramandato i suoi veri pensieri;
    Andrej Arsen'evič Tarkovskij e Arkadij e Boris Strugackij, rispettivamente per il film "Stalker" e il racconto "Picnic sul ciglio della strada;
    Carl Gustav Jung, Hermann Hesse e James Hillman, potenti sciamani della mia tribù.
    Il racconto è dedicato al potere delle donne, nella speranza che finalmente si organizzino, rigettando la finta emancipazione materialista e consumista, l'ultimo inganno letale del maschio monoteista, cartesiano, scientista, tecnologico e antropocentrico.
    Spezzate l'isolamento, illuminate l'oscuro accerchiamento, per il mondo.
    A mia nonna Laura

    RispondiElimina

In questa Isola sono accettati commenti critici costruttivi, anche insistiti e dettagliati, ma mai, ripeto mai offese di carattere personale, lesive della dignità umana degli autori.
Chi sbarca su Rayba si regoli di conseguenza. Qua il nichilismo non c'interessa, grazie.