28/01/15

GLI INVISIBILI

di Mauro Banfi

“Il Grande Fratello ti osserva, diventa invisibile”.
Grant Morrison, The Invisibles



Pino Cavezzan stava cercando di ammazzare il Tempo finendo un solitario al computer.
Era il Tempo che in realtà stava accoppando lui, lo sapeva bene, ma nella sua vita ormai l’oblio era un’ossessione, una mania, forse una galera.
Nella stanza volava da una mezz'oretta un moscone, e Pino si alzò di scatto e cercò di acchiapparlo.
Il moscone di posò sulla tastiera e una manata al suo inseguimento centrò la zona “qwert”.
All'improvviso, tra un jack di cuori e una donna di fiori, comparve l’icona di un moscone, recante una scritta:
“segui il moscone”. 
Il moscone insetto riprese a ronzare fastidioso.
 Pino invece smanettava per far sparire quell’icona molesta e indesiderata:
«Maledetti cookies, maledetti Trojan, cazzosissimi virus, fanculo a tutti!» imprecava, schiacciando ripetutamente ctrl-alt-canc-, seviziando il tasto esc, interrogando google su come si poteva eliminare quello schifo.
L’unico risultato tangibile fu la comparsa di una finestra di comunicazione tipo Skype, e dentro quel riquadro c’era un tizio che parlava come in un video di you tube, uno strambo tipo con un giubbotto di pelle nera, un cappellino da baseball in testa e degli occhiali neri.
Moscone: «Ciao Pino, come ti passa? Immagino, che in questo momento ti sentirai un po' Alice che ruzzola nella tana del Neromoscone... mh?»
Pino: «Potrei sapere chi cazzo sei, che cosa cazzo vuoi e perché cazzo non te ne vai?»
Moscone: « Sei lievemente basito, lo leggo nei tuoi occhi. Hai lo sguardo di un uomo che accetta quello che vede solo perché aspetta di risvegliarsi. E curiosamente non sei lontano dalla realtà. Conosci Philip K. Dick, Pino?
“La realtà è quella cosa che, anche se smetti di crederci, non svanisce.”»
Pino: «No, e non me ne sbatte niente. Io vorrei finire il mio solitario! Cazzo!»
Moscone: «Calma Pino, calma. Siediti tranquillo e ascolta che cosa devo dirti.
Solo un minuto e poi, se sei stufo, mi tolgo dai coglioni, va bene?»
Pino:« Vabbè, ho capito, sei uno dei tanti venditori che mi straccia le palle ogni santo giorno, sentiamo che cos'hai da rifilare. Tanto, te lo dico prima, non ho un centesimo bucato in tasca e sono già a posto di tutto. Sputa»
Moscone: «Capisco perfettamente ciò che intendi. Adesso ti dico perché sono qui. Non credi che la tua vita sia troppo ordinata, monotona, ripetitiva?»
Pino: «Sì, è una merda e per questo facevo il solitario, perché non ci voglio pensare».
Moscone: « Invece ti rubo un minuto di pensiero, ti prego di scusarmi.»
Pino:« Che stress, fai presto!»
Moscone: «Allora siamo d’accordo che hanno bandito dal mondo il chaos.
Tutto deve essere sempre in ordine e il chaos è stato eliminato con l’indifferenza e il silenzio.
Eppure esistono due modi per guardare al chaos. Uno è quello di considerarlo l’assenza di ogni regola, l’altro è di considerarlo la possibilità di ogni regola. Pensa a un mazzo di carte, tipo quello del solitario.
Una volta mescolate, sono un insieme caotico, disordinato, in cui un due di picche segue un cinque di cuori, senza alcuna logica apparente.
Durante una partita però è necessario ordinare le carte, creare una logica, per fare punti e vincere.
La stessa carta, o lo stesso insieme di carte, è utile se decidiamo di seguire alcune regole, del tutto inutile se decidiamo di seguirne altre: il mazzo in sé contiene un numero (quasi) infinito di possibilità, sono i giocatori a scegliere quali considerare utili e quali no.
L’idea è che l’Universo non risponda a nessuna regola precisa: è soltanto un mazzo di carte, senza una rigida logica di fondo.
Niente è vero in assoluto. È compito di ogni persona inventare un ordine, delle regole, che gli permettano di giocare la partita che preferisce. Però, poiché tutte le regole sono inventate, non esistono regole migliori o peggiori in assoluto.
L’unica realtà di fondo è il chaos: in altre parole una realtà di fondo non esiste, esiste solo un mazzo di carte, l’universo, che viene mescolato e rimescolato di continuo dai giocatori, gli esseri umani.»
Pino: «Sinceramente non ho capito un cazzo, però è fico, suona da film…»
Moscone: «Svegliati Pino! Smettila di prenderti in giro da solo!
È tutta la vita che hai la sensazione che ci sia qualcosa che non quadra, nel mondo. Non sai bene di che si tratta ma l'avverti. È un chiodo fisso nel cervello. Da diventarci matto. È questa sensazione che ti ha connesso a me. Tu sai di cosa sto parlando!»
Pino: « E’ vero, è un disagio che non so esprimere. Parlamene tu, Mosco…»
Moscone: Ti interessa sapere di che si tratta? Era ora:
Sai che cos'è? Il suo nome è Mammon ed è ovunque. È intorno a noi. Anche adesso, nella stanza in cui siamo. È quello che vedi quando ti affacci alla finestra, o quando accendi il televisore o il computer. L'avverti quando vai al lavoro, quando vai in chiesa, quando paghi le tasse. È il mondo che ti è stato messo davanti agli occhi per nasconderti la realtà e per fotterti.»
Pino: «Quale realtà?»
Moscone: «Che tu sei uno schiavo, Pino. Come tutti gli altri, sei nato in catene, sei nato in una prigione che non ha sbarre, che non ha mura, che non ha odore. Una prigione per la tua mente. Nessuno di noi è in grado, purtroppo, di descrivere il sistema di Mammon agli altri. Dovrai scoprire con i tuoi occhi che cos'è.»
Pino:« E come posso fare?»
Moscone: « Ascolta bene: è la tua ultima occasione, se rinunci non ne avrai altre.
Se apri il file azzurro, è la fine della storia: come un cieco brancolerai nella tua camera, e crederai a quello che vorrai.
Se apri (cliccandoci sopra) il file rosso, entri nel paese delle meraviglie, e vedrai quant'è profonda la tana del neromoscone e gioiosa la rivelazione degli Invisibili.
 Ti sto offrendo solo la verità, ricordalo. Niente di più.
Avanti, scegli!»


FILE AZZURRO     

                                                

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