08/10/14

Paolo e Francesca

 di Roberta M.

  
Noi leggevamo un giorno per diletto
di Lancillotto, e come amor lo strinse.
Soli eravamo, e senza alcun sospetto.


Paolo e Francesca sedevano vicini sul bordo del letto, con il libro appoggiato alle ginocchia. Lei leggeva e lui ascoltava assorto, rapito. Le loro braccia si sfioravano. Le loro teste erano inclinate l'una verso l'altra. Lui le appoggiò il capo sulla spalla, teneramente. A lei tremò la voce, e si confuse. Lui non seppe trattenersi: d'improvviso le cinse la vita con il braccio e, ruotando leggermente il busto, la strinse e le baciò la bocca. Francesca rimase senza fiato. 
«Paolo…» disse «no, ti prego... Non dobbiamo…». 
Ma lui le afferrò la nuca e la baciò ancora più forte. 
Francesca sentiva le gambe molli, le girava la testa. Si sentiva intrappolata tra le sue braccia come in una ragnatela. Cosa le stava succedendo? Dopo quel lungo bacio si sentì come se avesse saltato un burrone. Tutto quel che c'era stato prima, era rimasto dall'altra parte. 
«Paolo» disse ancora «E adesso?»
«Adesso cosa?» rispose lui ridendo. E ricominciò ad abbracciarla.
Da quel giorno passarono lunghe ore ad abbracciarsi in quella stanza, e il loro amore cresceva ogni giorno di più. Finché un pomeriggio…
Un rumore per le scale. Ma loro erano così presi dall'impeto della passione che non lo sentirono. 
La porta si spalancò di scatto, ed entrò Gianciotto, detto Gianne lo sciancato. Un uomo deciso e valoroso in battaglia, dal carattere energico, che si era creato la fama di uomo sanguinario e vendicativo. 
«Che succede qui!» tuonò.
«Cielo, mio marito!» disse lei.
«Cazzo, mio fratello!» esclamò lui.
Si ricomposero in fretta, mentre Gianciotto squadrava la stanza con aria torva e minacciosa. Paolo si affrettò a pulirsi la bocca dal rossetto, lei si rassettò la gonna, si chiarì la voce; entrambi si ravviarono i capelli, guardandosi di sottecchi e prendendo un po’ le distanze, ma continuando a sfiorarsi di nascosto la mano. 
«Allora? Che state facendo, razza di sfaticati?» abbaiò Gianciotto, misurando la stanza a grandi passi zoppicanti, con le mani sui fianchi e il mento sollevato in alto.
«Niente caro, stavamo leggendo..» 
«Razza di fannulloni lavativi, non avete di meglio da fare? Leggendo? E che cosa cacchio stavate leggendo, di grazia?» 
«Un romanzo caro, un romanzo cavalleresco.» 
«Ma tu guarda se mi doveva capitare un fratello frocio che perde tempo a leggere romanzi da donnicciole…» 
«Ah, i romanzi, i romanzi rovinano la vita... Vabbè, continuate pure a trastullarvi con queste sciocchezze, io ho di meglio da fare.»
Prese la spada e scese in cortile. Dalla finestra Paolo e Francesca lo guardavano. Gianciotto sguainava la spada, poi la rimetteva nel fodero, la risguainava, appoggiava la mano al fianco, si metteva in posa, fingeva di attaccare un nemico. «Ehi, dici a me?» esclamava con aria di sfida, ammirandosi nello specchio del cielo. E menava fendenti qua e là, saltellando per il cortile.
Paolo si avvicinò a Francesca, che stava affacciata alla finestra, e cominciò a strofinarlesi contro e a baciarle il collo. 
«No, dai Paolo, per favore…» 
«Mmmmhhh… allora smetto?»
Francesca cominciava a farfugliare: sì, no, lasciami… no non smettere, no lasciami, dai ti prego… E Paolo le afferrava i seni da dietro e l’avvinghiava come una piovra. 
«Secondo te ha capito qualcosa?» chiedeva Francesca. 
«Ma che vuoi che abbia capito… Non lo vedi quant’è grullo? E’ sempre stato così…» rispondeva lui senza smettere per un solo istante di accarezzarla e baciarla sul collo, premendo il corpo contro di lei ancora affacciata alla finestra. «Scommetti che se lo facciamo qui affacciati alla finestra non se ne accorge nemmeno?» 
«Dai Paolo, quanto sei porco…»
Insomma, questo era l’andazzo. Da allora in poi ogni pomeriggio i due amanti si incontravano con la scusa di leggere romanzi, mentre Gianciotto si esercitava fendendo l’aria con gran colpi di spada. 
«Tieni, vile marrano!» e giù una sforbiciata al ramo del tiglio. 
«Prendi questa, stolto!» e giù un’altra sforbiciata. Finché Francesca lo chiamava: «Gianciotto, è pronta la cena!»
«Che hai fatto di bello oggi cara?» 
«Oh sai amore, ci siamo trastullati come sempre leggendo romanzi… sai com’è, una pagina dopo l’altra, ci si prende gusto.» 
«Contenti voi…»
Un anno dopo, seduti sul bordo del letto, Paolo e Francesca leggevano il best seller dell’anno. Paolo, senti questa:

Amor, ch’a nullo amato amar perdona
Mi prese del costui piacer sì forte
Che come vedi, ancor non m’abbandona

«Che carini, sembriamo proprio noi!»

Amor condusse noi ad una morte...


«Accidenti… finisce male però!» "
«E per forza Fra', sono all'Inferno...»
«Comunque cucciola, stai tranquilla: mica tutti son grulli come Gianciotto! Dai togliti ‘sta gonna che il tempo stringe…»
«Cara!» chiamava intanto Gianciotto dal cortile, 
«Guarda che bella catasta di legna t’ho preparato!»
«Sì amore vengo!» gridava lei. 
E Paolo se la rideva, mentre affondava gli ultimi colpi di spada.

Nessun commento:

Posta un commento

In questa Isola sono accettati commenti critici costruttivi, anche insistiti e dettagliati, ma mai, ripeto mai offese di carattere personale, lesive della dignità umana degli autori.
Chi sbarca su Rayba si regoli di conseguenza. Qua il nichilismo non c'interessa, grazie.