Glossario: SdA =
Signore degli Anelli
JRRT = John Ronald Reuel Tolkien
Eccomi qua.
Se permettete, comincio da un
aneddoto personale.
Tanti anni fa, parlando del SdA
sentii un tale dire: “Questa storia della religiosità nel SdA mi pare un po’
una frase fatta. Dicono tutti che è intrinseca, ma secondo me tutti i
personaggi del libro si comportano come se fossero atei”.
Ora, io credo che a lui per
ragioni sue questa lettura ateistica dell’opera tolkeniana piacesse, ma la sua
affermazione è vera solo in minima parte.
Secondo me (e anticipando le
conclusioni per chi non avesse voglia di leggersi quanto segue) la religiosità nel SdA e in JRRT in generale
c’è, ma è una religiosità radicalmente antimoderna, come tutta l’opera di
Tolkien, del resto.
Senza dubbio, in JRRT (in tutto JRRT) non c’è traccia né di clero,
né di religione organizzata. A differenza che in tante opere fantasy non
vediamo templi, culti ecc.
C’è anzi un discorso
soteriologico abbastanza diverso dall’impostazione tradizionale cristiana.
Questa ruota attorno a un messia, un cristo l’incontro col quale è l’incontro
con la via per la salvezza.
In JRRT non c’è nulla di tutto
questo.
C’è un discorso soteriologico
perché Frodo and company hanno l’obbiettivo di salvare la Terra di Mezzo, ma la
funzione messianica è esercitata da quattro figure diverse.
- Frodo svolge la funzione
sacrificale. Se lui non votasse la propria vita alla distruzione dell’Anello
nulla sarebbe possibile.
- Aragorn svolge la funzione regale,
di signore, re e guaritore, ma è subordinato a Frodo.
- Gandalf svolge la funzione
sacerdotale. È guida, consigliere e mago (molto più mago che sacerdote).
- Il quarto è Gollum. Se non
fosse per lui la missione fallirebbe all’ultimo secondo. Egli la salva distruggendo
se stesso perché tale è la sua natura, dopo aver perduto il Libero Arbitrio
essendo stato sedotto dall’Anello.
Lo “strumento” che tutte queste
figure usano però non è tanto, come nella tradizione cristiana più ortodossa,
l’essere loro stessi la via per la salvezza (se lo facessero sarebbero molto
più evidenti “versioni” del messia, comunque lo si intenda – e probabilmente
era un ruolo che l’autore esitava a far ricoprire loro). Tutto quello che fanno è vivere al meglio il
tempo che è loro dato (come dice Gandalf a Frodo nelle miniere di Moria).
La salvezza passa (ed è in questo
che JRRT è radicalmente antimoderno e “reazionario”, non in certe supposte
inesistenti affinità col pensiero politico di destra dei suoi tempi) attraverso
il recupero della Tradizione e la Restaurazione delle Autorità che quella
tradizione ha incoronato.
In JRRT (come in Omero) tutto ciò
che è antico è più grande e più nobile di quello che è moderno, nel bene e nel
male. La Storia è tutta una decadenza: da Morgoth a Sauron a Saruman, da
Numenor a Gondor ai Sovrintendenti, ecc.
Il viaggio di Frodo non è mai
solo un viaggio nello spazio, ma è un viaggio nel tempo, un tornare là dove
l’Anello è stato forgiato, dove le antiche leggendarie razze di mostri ed eroi
vivono ancora, dove ci sono troni su cui può tornare a sedere un re, dove si
conserva la memoria delle cose passate (Gran Burrone, Gondor) o esse vivono ancora (Fangorn, Lorien, la stessa Mordor ) ecc.
Ma una volta che la missione
salvifica, con queste peculiarità, è conclusa, che il viaggio è terminato, che
succede? [Qui per inciso sta il vero
unico grande difetto e differenza del film di Jackson rispetto a libro]. Sappiamo
che succedono due cose: Saruman deturpa la Contea e, anche se in parte alla
situazione si porrà rimedio, la ferita rimarrà per sempre, proprio come quella
nelle carni di Frodo e (questo nel film c’è) e un bel po’ dei protagonisti fanno
vela, per sempre, verso le Terre Imperiture, Aman.
Be’, verrebbe da dire, bella
Salvezza del cavolo. Ci viene detto che tutte le Razze Parlanti declinano, gli
Elfi se ne vanno, Gandalf pure... non c’è poi una gran differenza rispetto a
quello che sarebbe successo se Saruman avesse vinto. Sì, non sono morti subito,
non sono stati fatti schiavi, ma rimane comunque un po’ di amaro in bocca.
Come mai questa fine?
Torno alla questione iniziale: il
religioso in Tolkien.
Quel tale che diceva che tutti i
personaggi del SdA sono atei vedeva la questione in termini moderni. Da una
parte l’immanente, da parte il trascendente. Da una parte il naturale,
dall’altra il soprannaturale. Da una parte l’immaginazione, dall’altra la realtà. E così via.
Si tratta di una distinzione
moderna, che ha trovato la sua forma definitiva nell’Illuminismo, ma che in
passato non era per niente così netta
Il mito o la leggenda,
soprattutto il mito e la leggenda raccontati, sono, in JRRT come nelle culture più antiche, la religiosità e la spiritualità. In
fondo la Bibbia è, prima e più che un insieme di norme, la storia – che neppure
conosce la distinzione tra naturale e soprannaturale – del popolo ebraico. I
Vangeli sono la storia della predicazione del Cristo prima che e più che un
insieme di norme. Cambiando per un secondo settore, il diritto romano antico
era mos maiorum, più che insieme di
norme generali ed astratte.
Ecco perché secondo me quel tale
sbagliava: perché vedeva il SdA come una storia in cui si può distinguere
immanente e trascendente invece che come
il racconto di un mito che ignora questa distinzione.
Però Tolkien è uomo del Novecento
e secondo me, anche se gli piacerebbe tanto non esserlo, non può evitarlo.
Ecco perché secondo me tutto il SdA – e credo tutta l’opera
tolkeniana – è il racconto non solo del
mito, ma della Morte del Mito, là dove per “morte” si intende la Separazione del
Mito dalla Storia (e quindi la nascita del mito per come lo intendiamo noi).
Separazioni e distacchi,
indebolimento, sono una costante in tutti i lavori di Tolkien.
Facciamo un excursus partendo dal
Silmarillion, l’opera che secondo l’autore stesso era il fondamento teorico del
suo pensiero (e che non terminò, anche se avrebbe voluto). Numenor, la terra
dei Re degli Uomini (ancora una volta regalità e sacerdozio sono inscindibili)
che in passato aveva costituito l’avamposto umano tra le Terre Imperiture e la
Terra di Mezzo è scomparsa da secoli. Il reame di Valinor, dove dimorano i
Valar e che si trova sul continente di Aman è stata dalla Terra di Mezzo nelle
ere precedenti a quella in cui si svolge il SdA e durante la Terza Era , appunto,
nessuno vi può giungere tranne gli Elfi (si può dire che Frodo e Bilbo
ottengano un Permesso di Soggiorno speciale). Con la fine della Terza Era e
l’inizio della Quarta esse diventano irrimediabilmente irraggiungibili
(soprattutto dagli uomini, nelle note finali al SdA si racconta che si sussurri
che, malgrado tutto, Legolas abbia preso con sé Gimli e abbia disceso l’Anduin
per andare a rivedere Galadriel). Insomma, con la partenza degli ultimi Elfi (e
di Frodo, Gandalf e Bilbo), Mito e Storia si sono separati per sempre.
Come e perché è potuto accadere
questo?.
Credo che si debba tornare al
ruolo del Male, che, ritengo è, per JRRT co-artefice sia della Storia che del
Mito.
Così come Morgoth / Melkor
separando il proprio canto da quello di Eru (ci tornerò) contribuisce alla
creazione di Ea e quindi di Arda pur mirando alla sua distruzione, Sauron crea
l’Anello per dominare / distruggere la Terra di Mezzo e in questo modo crea le
premesse per la propria distruzione.
Fermiamoci un attimo.
Non è strano che, per
diventare più potente, qualcuno riversi parte determinante del proprio spirito
in una cosa indipendente che può, ancora una volta essere separata da lui
(ancora il concetto della separazione) e avere una propria vita indipendente?
Certo che è strano, anzi,
diciamocelo, è una stupidaggine.
Una tale stupidaggine che per
tutto il romanzo l’Anello altro non desidera che tornare al suo padrone, essere
di nuovo una cosa sola con lui [a questo punto mi tocca aprire una lunga
parentesi: mi sono sempre chiesto come Sauron potesse essere stato così stupido
– o così avventato – e mi sono risposto che non poteva fare altrimenti perché
il male è inscindibile dall’assenza di libero arbitrio].
Poiché però il Male reca in sé la
propria stessa distruzione (direi che ciò avviene su un piano addirittura
ontologico) il tentativo fallisce (non sto a riparlare di Gollum).
A questo punto l’esito è
inevitabile. Venuto meno uno dei quattro componenti del mito/storia venuto meno
uno dei componenti del Mito/Storia, dicevo, la conclusione è inevitabile; il
Mito/Storia finisce. Il Mito va da una parte, la Storia dall’altra e addio.
A riprova del fatto che il male è
il componente essenziale della storia si noti che è proprio da esso che il libro
prende il titolo. Se così non fosse, lo
avrebbe chiamato “Le avventure di Frodo” o che so io; JRRT (che ai nomi ci badava
eccome), ha dato alla sua opera il nome dell’antagonista, non quello del protagonista, come a dirci che è Sauron
(col suo anello fatale) il motore di tutto.