07/11/19

I DECANI: ritornando all’Umanesimo e al Rinascimento MESE DI NOVEMBRE: il silenzio

                                                               
                                         Mese di novembre: il silenzio 



   - segno zodiacale e Decani del Palazzo Schifanoia di Ferrara: ricostruzione degli emblemi sbiaditi di Maurizio Bonora -

Figlie e figli dell’Umanesino, Signore e Signori del Rinascimento, è con un misto di preoccupazione e orrore che osservo i vostri corpi, le vostre anime e i vostri spiriti ormai quasi completamente assorbiti dai cosiddetti social o dalle app del rincoglionimento globale come WhatsApp.
Noto fenomeni inquietanti come la mancanza di ecfrasi nel proliferare senza senso, nel massacro, direi, del senso delle immagini che riversate su Instagram o la riduzione della scrittura a frasette sempre più simili a telegrammi composti male e di fretta e da soggetti ammalati, rimbambiti dalla febbre e dalla confusione dell’organismo.  
E’ tempo di guarire da queste follie e di tornare a guardare e a fare meglio facendo un passo indietro: RETROCEDENS ACCEDIT.    
In un tempo di grande smarrimento e di lotte intestine tra repubbliche e staterelli, i Rinascenti ritornarono indietro per trovare delle fondamenta, per recuperare uno sguardo IN ESSENZA, essenziale sulla vita umana e il suo divenire nel mondo e nella natura.    
Si amava riassumere tutto ciò anche con un’altra massima: PHILOSOPHIA DUCE REGREDIMUR.   



Con la filosofia e l’immaginazione che ci guidano, guardiamo indietro per andare avanti.     
A scuola ci hanno spiegato male e in fretta quel periodo, intortandoci con la storiella dell’uomo centro dell’universo, l’Io forte e signore e misura d’ogni cosa.
L’umanesimo e la Rinascenza dei nostri antenati di Firenze, Roma e Venezia, Mantova e Ferrara, Urbino e Rimini e altri luoghi italici dell’Umanesimo e del Rinascimento, non si occupavano della presunzione antropocentrica che oggi domina e distrugge il pianeta, ma prediligevano l’aspetto plastico e visibile, le immagini, gli Dei, i miti greco-romani che rivedevano e correggevano quelli cristiani (in quanto avevano svalutato la vita terrestre e sensuale per secoli), aspetto estetico e significante che poi veniva rivificato dal senso con l’ecfrasi e la significazione della parola, in una parola: l’anima. 
E lo spazio in cui si muoveva quest’Anima non era solo interiore ma era tutto il patrimonio di miti, d’immagini e di modalità esistenziali e costruttive che sono state tramandate dalle culture precedenti e che sono state rivificate da nuove grandi ricerche sul campo e da altre straordinarie invenzioni creative.
L’anima e la passione per l’antichità: queste erano le Forze Sacre venerate dalle donne e dagli uomini rinascimentali.     

Per spazzare via la decadenza e il degrado del rintontimento “social e app” di questa ridicola, e per certi versi servilmente utile e divertente, “civilizzazione informatica” chiederò ai trentasei Decani del Palazzo Schifanoia di Ferrara (gemma del nostro primo Rinascimento, a oggi iniquamente chiuso al pubblico), ai trentasei Signori dei dieci giorni del cielo siderale, che mediano l’energia cosmica tra le dodici Divinità del Pantheon e il nostro caro mondo al di qua, di emanare ogni mese dei pensieri che vi risollevino dal malinconico decadimento in cui siete precipitati e caduti.
Nicola Cusano nella sua opera Asclepius del 1458 scriveva:
“Così l’essere umano ha l’intelletto che è similitudine della Mente Universale quando crea”.      
E’ per questo che apro le mie porte ai Decani, perché spero che ancora molti di voi si possano redimere e riescano a ritrovare la propria anima rinascimentale…




Il primo Decano chiama Francesco Petrarca, primo insigne umanista italiano:   
       

"Volo ego ut lector meus, quisquis sit, me unum, non filie nuptias non amice noctem non hostis insidias non vadimonium non domum aut agrum aut thesaurum suum cogitet, et saltem dum legit, volo mecum sit. Si negotiis urgetur, lectionem differat; ubi ad legendum accesserit, negotiorum pondus et curam rei familiaris abiciat, inque ea que sub oculis sunt, animum intendat. Si conditio non placet, inutilibus scriptis abstineat; nolo ego pariter negotietur et studeat, nolo sine ullo labore percipiat que sine labore non scripsi."    

"Voglio che chi mi legge, chiunque sia, pensi a me soltanto, non alle nozze della figliuola, alle notti con l’amante, alle insidie del nemico, alle liti, alla sua casa, al suo podere, al suo tesoro; e almeno mentre mi legge, sia con me. Se è oppresso dagli affari, differisca la lettura; ma quando si mette a leggere, deponga il peso degli affari e le cure del patrimonio, e dedichi la mente a ciò che ha sotto gli occhi. Se questa condizione non gli piace, lasci stare i miei scritti per lui inutili; non voglio che legga e studi nel momento stesso in cui si occupa d'altro, né voglio che senza fatica si goda quanto non senza fatica io scrissi." 


Il Rinascimento dell'anima cominciò con la scalata di Petrarca dal Mont Ventoux (aprile 1336), quando egli non aveva ancora trentadue anni. Sulla cima del monte, con lo stupendo panorama della Provenza, delle Alpi e del Mediterraneo che gli si apriva davanti, egli aveva aperto il suo volume delle Confessioni di sant’Agostino.
Sfogliando a caso, come si usava nel Medioevo, aprì il libro X, capitolo 8, e lesse:
«E gli uomini se ne vanno a contemplare le vette delle montagne, i flutti vasti del mare, le ampie correnti dei fiumi, l'immensità dell’Oceano, il corso degli astri, e non pensano a se stessi».
L'emozione che ne scaturì creò il nuovo atteggiamento del Rinascimento.
Allorché, poco tempo dopo, egli scrisse un resoconto di questa esperienza disse che: " gli uomini trascurano se stessi (relinquunt seipsos)". E anche nel suo Secretum, scritto più tardi, il personaggio di Agostino parla dell’inutilità di conoscere tutte le cose se si rimane ignoranti di se stessi. Petrarca ricava questa cruciale conclusione da ciò che accade sul Mont Ventoux: «Niente è degno d’ammirazione fuorché l’anima » (nichil preter animum esse mirabile).
Per comprendere che cos'è quest' anima nell'al di qua occorre leggere attentamente questo frammento di epistola di Petrarca ai suoi familiari, e osservare con pazienza l'atteggiamento del nostro.    
In queste parole si afferma il primato della conoscenza di sé e del mondo sopra il vano primato dell'agire politico o economico.     
La lettura, la scrittura e la creazione richiedono attenzione e sforzo.
Chi è distratto dalle chiacchiere sociali e dall'arrampicamento ai posti di potere o dalla guerra per arraffare la roba, si astenga e vada altrove, sopratutto da se stesso.
E se vuole ritrovarsi si rinchiuda a triplice mandata nel suo studiolo, nel suo scrittoio: lì c'è la sua anima.
Uno scritto, un dipinto, un brano musicale richiedono silenzio, fatica, dedizione.
Solo i consumi finiti nella spazzatura possono essere divorati nel casino e nella distrazione che uccidono l'anima, come l'immondizia psichica che viene scambiata con i social e le app.