30/12/14

L'ESTRANEO di H.P.Lovecraft e Mauro Banfi


Non so dove sono nato, la vita mi appare da sempre come una mano di tarocchi gettata a caso sul tavolo fatiscente di una fattucchiera; so solo che il castello era terribilmente antico, pieno di corridoi bui, ombre e ragnatele, regnava dappertutto un odore terribile di muffa e corruzione…
Non c’era mai luce, il sole non superava la chioma degli alberi.
Una torre nera raggiungeva il cielo. Era possibile raggiungerne la cima solo con una scalata impossibile, aggrappandosi al muro.
Devo aver vissuto per anni nel castello, qualcuno mi avrà ben messo al mondo e ha dovuto, spero, prendersi cura di me…ma non mi ricordo di nessuno, solo di me stesso.
Mi raffiguravo una persona viva come qualcuno a mia immagine e somiglianza, ma raggrinzita e vecchia come il castello.
Per me non c’era nulla d’inquietante nelle ossa che ogni tanto rinvenivo sparse qua e là negli angoli marciti.
Per me erano più normali delle immagini di persone vive che mi capitava di trovare nei vecchi volumi della cadente biblioteca del castello.
Spesso mi sdraiavo in giardino, sotto gli alberi scuri e sognavo per ore delle cose sconosciute che avevo visto nei libri.
Mi vedevo allora in mezzo a una folla allegra di figure, ballando sotto la luna.
Una volta ho provato a fuggire nella foresta, ma più avanzavo e più oscure diventavano le ombre.
Angosciato sono tornato indietro di corsa nell’area oscura del castello.
In quella densa solitudine il mio desiderio di luce diventava così intenso che non riuscivo a stare fermo a lungo.
Dopo molte incertezze e indecisioni decisi d’intraprendere la scalata della torre nera e macilenta. Volevo per una volta vedere la luce del giorno.
Nella penombra umida m’inerpicai per la vecchia scala di pietre consumate, fino al punto in cui i gradini s’interrompevano all’improvviso.
Al buio, in pericolo di vita, mi arrampicai appigliandomi faticosamente alle crene del muro.
Dopo una lunga scalata sulla fiancata di quel profondo abisso, all’improvviso la mia testa colpì qualcosa di duro e capii che avevo raggiunto il tetto, o almeno il solaio.
La superficie sopra di me cedette. Mi resi conto che la scalata era finita, almeno per il momento.
Si trattava infatti di una botola. Strisciai attraverso l’apertura e mi distesi esausto sul pavimento di pietra. Mi rialzai e cominciai a cercare una finestra.
Pensavo infatti di trovarmi a una grande altezza, però trovai solo delle lastre di marmo, su cui giacevano lunghe casse.
Trovai anche una porta dal telaio di pietra, decorato con strane sculture.
Con un forte strattone riuscii ad aprire la porta verso l’interno.
Caddi in estasi.

14/12/14

ANNA MISERY DEVE MORIRE? -scrittura creativa di gruppo-

di Mauro Banfi, Rubrus e Luce dall'ombra (per ora)

INTRO

- Cerco scrittori esordienti da "pubblicare" -

Nel più bel libro del Novecento, Misery, King racconta che la scrittura è nello stesso tempo l’esorcismo del male di vivere e un pericolo incombente di nevrosi, ossessione, paranoia (il tema riecheggerà anche in Shining e  La metà Oscura).
Il Re dello scrivere storie decide di scrivere sulle storie, impartendo una dura lezione di thrilling e ritmo ai tediosi teorizzatori della metaletteratura.
Il vecchio armamentario gotico viene rimpiazzato dai nuovi emblemi dell’orrore letterario: risme di carta, macchine da scrivere, matite Berol Black e ora tastiere, video, mouse.
“Scrivere non provoca tormento (misery) ma nasce dal tormento”, così recita un’epigrafe presa a Montaigne, a pagina 113 del libro in oggetto.
E allora, cara amica barra amico autore/lettore, ti propongo un racconto collettivo, o se sei freudiano e non marxiano (anche nel senso di Groucho), di gruppo (lo confesso, a me questa cosa del gruppo piace, piace…)
Orbene, sei prigioniero di una pazza, tale Anna Misery, un Angelo della Morte, un’infermiera professionista che ha fatto una strage di pazienti anziani col cloruro di potassio in varie cliniche pubbliche e private.
Si dà il caso che sia una tua ammiratrice: ha letto i tuoi post, ti ha voluto conoscere e ti ha invitato a casa (se sei donna fa lo stesso, i suoi gusti sono molto eterogenei, come capirai…)
Ti ha attirato promettendoti una lauta ricompensa (centomila euro vanno bene?) nella sua megavilla (si è fatta intestare il rogito da una delle sue vittime).
Che cosa vuole? Vuole che tu racconti una sua esperienza di vita, di quelle toste.
Qual è?
Lo capisci quando ti risvegli, dopo essere stato drogato dal suo prezioso thè con pasticcini, nel suo scantinato. Noti un’ascia e una sega chirurgica appoggiate su un tavolino d’acciaio. Lei si affaccia allo spioncino della tua cella imbottita insonorizzata.
Vuole che racconti la sua carriera criminale e ti passa sotto la porta un dossier sul massacro di anziani (ritagli di giornali e fotocopie delle cartelle cliniche dei defunti) che ha perpetuato negli ultimi cinque anni, in giro per l’Italia delle cliniche e delle ASL.
Ci sono anche dei video che mandano le grida dei telegiornali, i dibattiti dei talk show e i programmi della tivu del dolore, riguardanti le sue nefande gesta.
Se non lo farai, e bene, lei ti strapperà a uno a uno i vari pezzi del tuo corpo.
Se sarai un buon agiografo, te ne andrai a casa libero e con centomila euro, mah...
Bene, il racconto si sviluppa da qua, a noi il resto.
Se può ispirarti (ma se fai da solo è meglio), ti dico che questa è un’indagine narrativa sul cosa significhi essere uno scrittore oggi.
Oggigiorno che tutto è comunicazione e che il successo di questa comunicazione globale sembra aver ridotto la scrittura creativa a una pericolosa forma di non espressione, o meglio, alla comunicazione psicotica di Anna, l’Angelo della Morte.
Probabilmente, caro autore barra lettore tu, prima di conoscere Anna, scrivevi per esprimere le tue esperienze autentiche interiori, e tutto questo ti ha portato a incontrare il tormento dell’Angelo della Morte.
Ma quello che m’intriga è:
Quali sono ancora le possibilità della scrittura nell’era informatica?
Quali parti del nostro vero io restano coinvolte nella vocazione alla scrittura, mentre Anna ci amputa lobi e dita?
Quale corpo residuo o residuo di corpo possiamo opporre nella lotta alla mercificazione e alla prostituzione del nostro io profondo?
Buona scrittura a tutti.

- Scrivete come dannati, io sono la più grande assassina seriale della storia! -

09/12/14

Progetto collettivo: ROOM - Aggiornamento 1


Eccoci al primo aggiornamento sul progetto ROOM.
Inizio con il ringraziare tutti quelli che ci hanno già spedito i loro racconti e tutti gli autori che si stanno spremendo le meningi per dare corpo a questo progetto.
Parto subito riportando i dubbi che sono stati sollevati:
- i vincoli servono principalmente per fornire dei binari da seguire, la FASE 1 si concentrerà nella raccolta del materiale, eventuali modifiche però potrebbero essere richieste nella FASE 2, per riallineare i contenuti al progetto;
- non abbiamo precisato che come il genere anche lo stile (tempo verbale e prima o seconda persona) è piena scelta dell'autore, per permettergli di esprimersi al suo meglio;
- tutti possono inviare uno o più racconti, a seconda del loro modus operandi, ma sarà scelto esclusivamente un solo racconto. Decidete voi quindi se concentrare le vostre forze in un solo testo o sparare più colpi.
Altro punto su cui mi soffermo è l'esposizione dei post relativi al progetto ne "l'isola di Rayba".
È stato creato un riquadro apposito nella colonna di destra del blog (non visibile in versione mobile, ma solamente desktop della pagina) dove sono elencati:
- il link della pagina di N4 su Google +, che farà di riferimento per la pubblicazione e sulla quale vengono postate le stesse comunicazioni che appaiono nell'isola di Rayba;
- il link del progetto principale con l'introduzione e le caratteristiche, se avete domande potere esporle in questo post;
                                                                Progetto ROOM
- ad ogni successivo aggiornamento saranno aggiunti i relativi link, dato che con il proseguire delle pubblicazioni sul blog, i post scendono fino a scomparire dalla prima pagina.

Aspettiamo le vostre creazioni ricordando che la FASE 1 terminerà il 28/02/2015.
Buona scrittura

La ragazza del link

di FULL

Oggi mi capita di pensare. Non so se è grave, dati i tempi, ma in genere mi passa alla svelta. Vista da lontano, questa mia età m'appariva spaventosa, ma ora che ci sono dentro, non è poi così malaccio. Pioggia e gelo sono quasi sempre al di là del vetro. Finalmente si capisce qualcosa della vita e si coglie ogni scricchiolio interno, di ossa, di amor proprio, di certezze rottamate. Non si vive più con grande intensità, in compenso si riesce a spremerla dal nulla.

Oggi ho strizzato questa scenetta: lui è un sessantenne ex atletico che, presumo, abbia cliccato il link di una qualche agenzia sul genere “Happy Meeting ”. Ed eccolo finalmente con la sua ragazza sudamericana che ogni tanto abbraccia per chiarire a tutti la natura del loro rapporto. Sono arrivati al lago per un bagno di sole e il marinaio del porto turistico ha messo in acqua il loro gommoncino, appena visibile fra gli eleganti yacht. 
Lei ha già preso posto sui cuscini, cosce al vento, ma il vecchio fuoribordo del vecchio gommoncino del vecchio ex atletico non vuol saperne di partire. Prova, riprova, arriva un meccanico, un altro. Intanto il sessantenne ha scordato del tutto la ragazza, preso com'è dal suo defunto fuoribordo. 
Lei ha dovuto rivestirsi e scendere a terra ritagliandosi un atteggiamento fra l'imbronciato e il dignitoso, a parare la malcelata o palese sufficienza di certa fauna da yacht. 

02/12/14

Il labirinto

di Alchimista Bianco


Il portone si chiude alle mie spalle con uno schianto sordo seguito dal rumore di catenacci che scorrono.
Attendo qualche istante immobile paralizzata dalla paura che la vista si abitui al buio che mi circonda, rotto soltanto da alcune torce appese alle pareti di sasso scalpellato per ricavare lo stretto tunnel che mi si para davanti. L’aria è pesante e sa di morte. Il corridoio, non riesco a vederne il fondo da dove mi trovo ora, probabilmente perché non c’è, oppure ce ne sono troppi. Vorrei restare ferma, accoccolata a macerarmi nel mio infinito tormento ma sono conscia del fatto che, tra breve la porta si riaprirà e se sarò ancora qui, verrò trafitta dalle lance dei miei persecutori. Dall’altra parte del labirinto, alla fine del sadico gioco c’è l’uscita che mi porterà la libertà, almeno è quello che ci è stato detto. Comunque questo non è un gioco ma la lotta per la sopravvivenza e non l’ho certo voluto io; Euristeos Terzo, tiranno della città da cui provengo, la ricca Micene, mi ha scelto come una delle sette principesse greche da sacrificare all’appetito dell’orrido Minotauro; stessa sorte ad altrettanti ragazzi di stirpe regale.
Strana cultura la mia, impregnata di casualità e di rituali definiti dagli dei ai quali crediamo; secondo loro occorre sempre dare una possibilità di salvezza alla vittima del labirinto: “Il giudizio di Zeus” si chiama. Se il supremo dio lo vorrà, mi salverò raggiungendo l’uscita posta al lato estremo di questo dedalo, per farlo però dovrò attraversare la tana del mostro e uscirne indenne!
Avanzo, mano appoggiata al muro, nella penombra per circa venti passi lenti e pesanti quando mi si presenta il primo dei cento crocevia che compongono questo accrocchio di tunnel scavati nella nuda roccia; una retta, a destra oppure a sinistra! La mia mente vacilla inondata da una paura primordiale che mi rende incapace di scegliere, così, accidentalmente, imbocco quella di destra perché mi pare più illuminata dell’altra. Dal fondo del budello mi giunge l’eco di un portone che si chiude; immagino il volto soddisfatto dei miei carnefici: anche per quest’anno la ricca Micene ha nutrito il tremendo Minotauro, la paura è scongiurata.
Adesso posso contare soltanto su me stessa e, forse, sull’aiuto del fato. L’aria è stratificata e saturata da miasmi di carne morta, solo in alcuni punti il fetore diviene insopportabile: mi fermo e vomito. Mentre lo faccio, guardo la zona del pavimento sopra il quale si sta riversando il mio ultimo pasto decente, e la vedo. Illuminata da una pallida teda poco distante una mano mozzata e parzialmente scarnificata è cementata nel suo stesso sangue rappreso: vomito ancora, fino a che il mio stomaco è completamente svuotato. Lui non se ne accorge e i dolorosi conati divengono solo un vuoto urlo alla paura e alla disperazione per mio destino. Piango disperata, singulti inconsulti, incontrollabili e indesiderati squassano il mio petto… allora lo sento!
Attratto dal rumore e dall’odore qualcosa si avvicina, possente e pauroso.